WOLFHEART – Skull Soldiers

by Luca Gazzola

I Wolfheart sono un gruppo che non ha certo bisogno di molte presentazioni, trattandosi di un gruppo black metal melodico che è emerso dalla fucina europea a ciclo continuo di gruppi metal quale è la Finlandia, più precisamente da Lahti. Sono nati nel 2013, esordendo con il singolo “The Hunt” lo stesso anno e il brutale full lenght “Winterborn” l’anno seguente, e da allora hanno pubblicato una manciata di singoli e 5 album piuttosto apprezzati da critica e pubblico, di cui l’ultimo l’anno scorso. Questo EP invece è un prodotto atipico, che conserva lo stile pestato e brutale con voce gutturale, chitarre pesantemente distorte e ritmi forsennati ma melodici per buona parte della sua interezza, ed è composto da 4 pezzi di una lunghezza compresa tra i 3 minuti e mezzo ai 5 scarsi, di cui 2 inediti pubblicati in questi giorni, e 2 pezzi ripresi da album precedenti. Vista la brevità, 17 minuti abbondanti, non ha senso parlare di canzoni rilevanti, perché a modo loro lo sono tutti per un motivo o un altro.
L’EP inizia con “Skull Soldiers”, un pezzo interessante quanto pestato, con tanto di effetti esterni dandogli un effetto epico che si trova in gruppi come gli Ex Deo o gli Insomnium. Si può dire qualcosa di simile per “Hereditary, che mantiene il ritmo dopo l’impatto tutt’altro che leggero e lo sviluppa in una traccia più elaborata tra parti veloci e lente, e l’aggiunta di assoli e strumenti ad arco esterni, il tutto in una traccia più corta. Segue la versione acustica di sola chitarra acustica di “Aeon of Cold”, il pezzo più iconico e apprezzato di “Shadow World”, cantato in pulito dal bassista in maniera decisamente dignitosa. Sentirlo vicino all’originale fa un particolare effetto, come accanto a una cover semplificata vista anche l’assenza del pianoforte e della seconda strofa. Perde quindi moltissima della verve iniziale, non potendo ricreare gli sbalzi di ritmo e quindi le sprangate dell’originale, riducendosi ad una riproduzione piuttosto monca vista anche l’assenza di effetti esterni. Conclude il tutto l’esecuzione in streaming di “Reaper”, uno dei pezzi più rilevanti di “Wolves of Carelia”. Esecuzione cristallina e senza sbavature, pestato e melodico come previsto, ma non è stato tolto o aggiunto nulla. Non è un brutto EP, le canzoni inedite sono godibili, ma sono il 50% dell’intera opera. Trattandosi poi di una cosa non tipica del gruppo, l’effetto stranezza è ancora più marcato. Non rimane che vedere cosa faranno nei prossimi tempi.

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