THOKKIAN VORTEX – Thy Throne Is Mine

by Sara Di Gaspero

La band internazionale Thokkian Vortex annuncia la firma con l’etichetta olandese Non Serviam Records e anche l’uscita del nuovo album, “Thy Throne Is Mine”, programmata per il 28 febbraio. Il mastermind della band è Lord Kaiaphas, cantante della band Ancient dal ’95 al ’98; anche il batterista Asmodevs D.D. compare nelle line-up di parecchie band di un certo calibro (fra i cui i nostri Kurgaall). Il progetto Thokkian Vortex nasce come band di puro black metal nel 2006, ma il primo album viene pubblicato solamente nel 2016 con il titolo “Into The Nagual”. 

Con questo “Thy Throne Is Mine” la compagine cambia approccio spostandosi verso un crudo black n’ roll con alcuni elementi sinfonici che studieremo nel dettaglio. L’album si divide in dieci canzoni per un totale di 46 minuti.

Togliamo subito dal quadro generale le due strumentali, “Intro” e “Sunrise Over Irkalla”: la prima preannuncia un sabba infernale grazie a growl inquietante e rintocchi di campana estremamente cliché cui si aggiungono dei bei tappeti di tastiera. La seconda invece è una suite di cinque minuti in cui tastiera e chitarre acustiche dipingono quando descritto sin dal titolo. Elemento principale dell’intera composizione è il flauto traverso, che accompagna quasi tutta l’esecuzione.

L’uso di questo strumento abbastanza inusuale mi ricollega alla canzone che più mi ha lasciato perplessa dell’intero “Thy Throne Is Mine”, cioè “Come To The Sabbat”. Tutt’ora mentre scrivo questa recensione non so spiegare che cosa ho provato esattamente la prima volta che l’ho sentita e specialmente cosa dirne ora. Mi lascia sinceramente confusa. Diciamo che l’ispirazione  (o per lo meno, la primissima canzone che mi ha fatto venire in mente ascoltandola) è “The Wizard” dei Black Sabbath: la sensazione particolare che ti lascia l’introduzione è la stessa. Si comincia infatti con una batteria rituale, basso e flauto traverso, a cui si aggiunge una voce in pulito a sottolineare l’aspetto sciamanico del brano. E poi sembra di star ascoltando una canzone dei Focus quando si drogavano bene. Non sto scherzando. Prendete “Hocus Pocus” e fatela black metal: ecco, forse ci avviciniamo a descriverla. La maledizione di questa canzone è che, grazie ad un ritornello ripetitivo che ti entra in testa anche se non vuoi, quando l’hai finita di ascoltare magari ti ha fatto pure schifo ma ti ritroverai per giorni e giorni a cantarla. Giorni e giorni. In fin dei conti, si può dire che sta a voi ascoltarla e capire cosa pensarne. Io, dopo averci riflettuto per due settimane buone, ho deciso che è geniale. Ma questo non significa che mi piaccia. 

Il resto non è niente di che. “Bashing The Lion Of Kutha” è il singolo scelto a rappresentazione dell’album: l’introduzione mi ricorda certi Behemoth dei bei tempi d’oro, prima di esplodere in un black metal infuocato dal blastbeat a manetta. È la canzone adatta ad introdurre l’album, cattiva al punto giusto e incazzatissima. Molto bello anche l’assolo, che forse è la cosa che più mi ha ricordato la band polacca già menzionata poco prima. 

Thy Throne Is Mine” invece introduce il black n’ roll con un bel riff pesante e ripetitivo, un altro bel assolo a spezzare la monotonia introducendo con sé un cambio riff. Bella la batteria iniziale di “The Moon Brethren”, che raggiunge in un punto in particolare lo stile del cantato in growl di Attila Csihar dei Mayhem. Si aggiunge un primo tappeto di tastiera a donare una certa sinfonia ad un brano piuttosto piatto; meno male che verso i tre minuti abbondanti un altro intermezzo di batteria e un cambio riff aiutano a risollevare le sorti del brano. 

I Motorhead rivivono grazie al basso introduttivo di “Godspeed Satan”: anzi, l’intero primo minuto sembra emanare devozione alla storica formazione di Lemmy Kilmister e compagni, l’unica differenza è solo il growl del cantato. Verso la metà si passa ad un mid tempo inquietante che poi riporta al riff di basso dell’introduzione; un altro bel assolo conclude un brano tutto sommato carino e orecchiabile. Anche “The Wreathing Serpent” ricorda un’altra band nel suo inizio, ma davvero non riesco a dare un nome preciso. Anch’essa si distingue per un riff pesante e aggressivo e un assolo super. E basta. 

Traverse The Tonal” sa di Emperor, quegli Emperor di cui tutti noi abbiamo album e maglietta, di cui sappiamo a memoria ogni dettaglio. La scelta di mantenere un mid tempo spaventoso e cupo ha segnato una notevole linea di differenza, anche se l’esplosione del brano richiama ancora i mostri norvegesi. 

Rimane alla nostra analisi solo “Winter Forest Cry”, che sorprende con il pianoforte iniziale e l’atmosfera particolarmente malinconica di cui si circonda, nonostante l’oscurità quasi immediata del black. Si aggiungono tappeti di tastiere assieme al pianoforte, riescono ad aggiungere delicatezza inaspettata all’ascolto.

Sto per dire una cosa molto cattiva, ma è a fin di bene. Lord Kaiaphas ha dichiarato che il black metal di “Thy Throne Is Mine” è il migliore che è in grado di comporre finora. E sono molto contenta di quel “finora”, perché purtroppo per me quest’album è risultato molto scialbo. Suona molto omogeneo, e lo dico in negativo, se non per “Come To The Sabbat” che ancora non so bene che dire di lei. Alla fine dell’ascolto ho avuto l’impressione che gli assoli, seppur davvero belli e da capogiro, andassero a riempire vuoti di composizione non indifferenti. Si può fare di più. Si può fare meglio. Si può abbandonare alcune retoriche di altre band, e cercare una propria identità. In breve, non ci siamo. L’augurio è che, sicuramente influenzato da un passato non indifferente, il mastermind dei Thokkian Vortex trovi finalmente la sua vera strada e sappia comporre per davvero il miglior black metal a sua disposizione. E sono sicura che, trovate le carte giuste da giocare, non sarà per niente difficile.

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