PÄNZER – Fatal Command

by Riccardo Basso

Fatal Command” è il titolo del secondo album della all star band tedesca Pänzer, composta da membri degli Hammerfall, ex membri degli Accept e guidata dal carismatico Schmier dei Destruction, i quali propongono un misto tra heavy e thrash metal vecchia scuola senza compromessi. “Fatal Command” gode di una produzione veramente curata, che mette in risalto tutti gli strumenti e rende il tutto estremamente piacevole da ascoltare, anche se forse un suono più grezzo sarebbe stato più adatto per il disco in questione. Una menzione va fatta anche per la copertina del disco estremamente provocatoria e che, a detta di chi scrive, è probabilmente l’artwork dell’anno (in tutti i sensi). Passando alla musica, “Fatal Command” è un disco che non vuole fare prigionieri e ciò lo si capisce già dall’opener “Satan Hollow“, che con il suo riffing serrato non può non far muovere la testa. Già da adesso si può notare come i Nostri abbiano scelto di puntare su ritornelli di semplice impatto che sembrano studiati apposta per le esibizioni dal vivo: da questo punto di vista sono emblematiche l’anthemica “We Can Not Be Silenced” o la travolgente “Mistaken“, che si rivelano i pezzi migliori del disco grazie al loro sound heavy rubato agli anni ’80. Se è vero che tutti i brani hanno una presa abbastanza semplice, è altrettanto vero che alla lunga tendono ad assomigliarsi e a risultare pesanti: esempi ne sono la maidenianaScorn And Hate” e la successiva “Afflicted“, che fanno la parte dei filler a causa dell’eccessiva somiglianza che hanno con il resto dei brani del disco. “Fatal Command”, infatti, non è un album che brilla per originalità (e chi se l’aspetta, da un disco suonato da questi signori?) e questo fattore, unito a una tracklist troppo lunga (un paio di brani in meno sarebbero stati l’ideale), tende a far sì che l’album alla lunga tenda ad annoiare e a risultare indigesto. L’opera vuole essere una sorta di tributo alla storia del nostro genere preferito e ci riesce alla grande, ma quanto appena detto va a intaccare l’ascolto. Le linee vocali e i giri di chitarra nei ritornelli tendono ad assomigliarsi troppo all’interno dei brani e questo sul lungo termine non aiuta, anche perché usare la stessa soluzione su un paio di brani può risultare piacevole e far scapocciare a piccole dosi, ma farlo su quasi tutto il disco risulta pesante. Sicuramente i nostalgici degli anni ’80 con “Fatal Command” ci andranno a nozze, così come chi cerca un disco semplice e diretto. Se invece siete alla ricerca di un buon disco old school che non annoi, virate su altro.

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