KORPIKLAANI – Jylhä

by Riccardo Basso

Dopo il disastroso 2020 che non può essere certo definito un anno particolarmente bello a livello mondiale, è giusto iniziare il 2021 con un piglio diverso, più allegro e festaiolo. Con la pubblicazione del nuovo album “Jylhä” i Korpiklaani provano a venire in soccorso di chi volesse dunque iniziare il nuovo anno in maniera più spensierata per provare a dimenticare ciò che è stato il 2020.
La band finlandese, capitanata da Jonne Järvelä, con questo nuovo lavoro in studio taglia il traguardo degli undici dischi, un risultato niente male per il simpatico gruppo di Lahti, soprattutto se si considera la parabola discendente che ha avuto il folk metal negli ultimi dieci anni. Prima di addentrarci in questa nuova fatica dei Korpiklaani è doveroso menzionare il magnifico artwork particolarmente evocativo e che difficilmente può lasciare indifferenti. I Korpiklaani hanno sempre avuto copertine molto belle, ma questo è probabilmente uno dei migliori assieme a quello di “Manala” (2012).

L’album si apre con un pezzo d’impatto e squisitamente heavy metal intitolato “Verikoira” dove a farla da padrone sono i riff granitici di Cane. Il brano in questione è particolarmente energico ed è anche il miglior pezzo del lotto. Le canzoni successive invece vanno a mescolare le carte in tavola poiché si passa dal reggae di “Levälhuta“, al rock sfacciato di “Sanaton Maa” senza farsi mancare il classico folk metal in “Niemi“, per poi tornare verso lidi più heavy e classici con “Kiuru” e ripartire nel finale di tracklist con “Pidot“, un brano dalle sfumature folk-country.  Si potrebbe parlare di ogni singolo pezzo dell’album in maniera distinta in quanto i pezzi, nonostante le parti di violino e fisarmonica, vanno a toccare costantemente territori diversi, ma forse è meglio concentrarsi sul risultato finale. La varietà che si trova all’interno dell’album va apprezzata in quanto dimostra come i Korpiklaani non vogliano fossilizzarsi su un determinato suono, tuttavia il troppo storpia. Le canzoni sono tutte orecchiabili e piacevoli da ascoltare, ma balzare da un genere all’altro senza un’apparente logica risulta dispersivo e alla lunga può stancare. In aiuto di ciò non viene nemmeno la durata del disco in quanto “Jylhä” dura poco più di un’ora. Tutto bello si potrebbe pensare, ma tolto l’effetto “sorpresa” per la varietà che si percepisce fin da subito, essere sbalzati da una sonorità all’altra fa perdere il filo e alla lunga risulta anche noioso, tanto che a fine disco si arriverà abbastanza stanchi.

Nel complesso “Jylhä” è un album  suonato bene e gode di un’ottima produzione che mette in buon risalto i vari strumenti, ma alla lunga il disco risulta essere debole e poco lucido in certi frangenti. Quando ci si trova davanti un disco con tredici brani dalla durata media che oscilla tra i quattro e i sei minuti è innegabile che ci siano dei passi falsi, in questo caso si traducono per esempio in “Miero“, un mid tempo dal sapore hard rock e di filler che sembra una brutta copia di “Mylly“.  “Jylhä” prosegue la strada tracciata da “Kulkija” con pezzi più elaborati e meno fracassoni, ma in questo caso i Korpiklaani hanno voluto esagerare sulla varietà.

Questa nuova prova in studio della band finlandese pone senza dubbio un interessante punto di partenza che dovrà però essere affinato e perfezionato nelle prossime prove in studio, sempre che Jonne e soci decidano di continuare per questa strada.

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