IAPETUS – The Long Road Home

by Jacopo Silvestri

Iapetus, questo il nome del progetto di Matthew Cerami (voce, chitarra e basso) e Jordan Navarro (tastiere e drum machine), il quale è nato nel 2010 a Long Island, New York. Dopo aver rilasciato l’EP “Eviscerate Divine” nel 2012, lo scorso 14 marzo è giunto il momento di “The Long Road Home“, primo disco della band.
Nonostante l’album non sia stato pubblicato tramite un’etichetta ma sia autoprodotto, il risultato è davvero egregio, lasciando stupiti se si pensa come sia soltanto un debutto.
Musicalmente parlando i Nostri hanno parecchie influenze, lo stile che rimanda ai Ne Obliviscaris la fa da padrona per l’intero disco, mischiandosi a passaggi che fanno tornare alla mente i vari Opeth, Alcest ed Agalloch; il tutto per un genere molto vario, difficile da etichettare.

Dopo l’introduzione, il primo brano è “…of Hangmen & Vertebrae“, che sorprende in quanto completamente strumentale.
La seguente “Lachrymae Rerum” cambia completamente rotta, proponendo fin dal primo secondo un cantato graffiante che va perfettamente in simbiosi con le stesse parti strumentali, le quali dimostrano per tutto l’elaborato il vasto bagaglio tecnico della band, evitando di risultare scontate. A queste si uniscono parti melodiche con un cantato quasi sospirato, parlato, al quale consegue un andamento altalenante nell’intensità del disco, ma non nel suo effettivo valore, che rimane comunque pregiato.
I Sing Of Satellites” è un semplice intermezzo in chitarra acustica che, grazie all’unione con degli effetti di tastiera, risulta malinconico, collegandosi con l’introduzione della seguente “Savior Solitude“. Questo, grazie a delle voci femminili, aggiunge un tocco di originalità al complesso (come se non ce ne fosse già molta) e si fa notare ancora di più.
Anche la seguente “My Father, My God” si apre con parti in acustico, per poi liberarsi in un pezzo dal cantato davvero cattivo e brutale, che pur apparendo dopo qualche minuto e solo in rari momenti, si fa sentire eccome.
Dopo queste graffiate di pura cattiveria, arriva un intermezzo dove risaltano principalmente le parti di basso e chitarra acustica arpeggiata, coperte da parti vocali parlate, le quali ci danno un’illusione solo precaria di tranquillità, visto che negli ultimi quattro minuti sale nuovamente in cattedra la violenza offerta dagli Iapetus.
Parlare delle ultime tracce risulterebbe eccessivo, in quanto riprendono ciò che è stato già detto, (si potrebbe fare un eccezione per la title-track conclusiva essendo molto più melodica, ma lo stile della band rimane intatto) senza calare di livello per nemmeno un attimo.

Puntare ad una durata di tale lunghezza (un’ora e sedici minuti) non è mai una scelta semplice, in quanto può capitare che un album, pur meritando, alla lunga possa stancare; ma non è questo il caso.
Anzi, l’ora abbondante scorre facilmente e il risultato è a dir poco illustre, soprattutto per essere un debutto, e non ci resta nient’altro da fare se non ammirare questo disco, che con un semplice ascolto fa viaggiare l’immaginazione verso destinazioni ancora sconosciute travolgendo allo stesso tempo in tutta la sua potenza, aspettando un seguito, nella speranza che non sia una delusione.

Tracklist:
1. Nomads
2. …Of Hangmen & Vertebrae
3. Lachrymae Rerum
4. I Sing Of Satellites
5. Savior Solitude
6. My Father, My God
7. Crown Of Stars
8. Eviscerate Divine
9. The Long Road Home

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