HORNWOOD FELL – Cursed Thougths

by Andrea Arcangeli

Gli Hornwood Fell sono un duo italiano formatosi nel 2013 nel viterbese. I due fratelli Marco e Andrea Basili con la loro creatura han sempre cercato di esplorare i lati più moderni dello scenario black metal tanto ampio e variegato. Ascoltando la loro discografia (per il momento composta da sei full-length), oltre che a notare una grande produttività si nota anche una progressiva maturazione artistica ed una migliore capacità compositiva rispetto agli esordi. La musica dei Nostri sembra muoversi in una direzione non prestabilita ma bensì spontanea, mossa ed arricchita da spunti filosofici-letterari e personali. Quest’anno la band ha voluto osare rilasciando sotto la Kadabra Music un doppio album intitolato “Cursed Thougths“, che trovate sia in versione separata che uniti in una raccolta.

L’idea alla base del doppio album è nata nell’interesse di due figure letterarie del passato: Edgar Allan Poe e Charles Baudelaire. Il primo è conosciuto per i suoi romanzi di genere gotico e per essere l’anticipatore dell’horror, nei suoi racconti ricorreva un’attenzione per il macabro e soprattutto per la morte. Il secondo è ricordato per le sue raccolte di poesie “Les Fleurs du mal” che incarnano la figura del poeta maledetto, elitario ed atto a contemplare i piaceri carnali e gli eccessi. Difatti i due artisti sono accomunati oltre che per il loro fantastico genio letterario anche per il loro stile di vita bohémien e autodistruttivo, dipendente da droghe, alcol, problemi finanziari ed un aggravarsi delle loro condizioni di salute che li porterà entrambi alla morte prima dei cinquant’anni.

Il primo album è stato ispirato da Edgar Allan Poe e cerca di ritrarne la sua personalità letteraria, come detto attenta all’orrore ed al macabro e non c’era miglior musica del death metal per rappresentarla a dovere. Dunque abbiamo la prima parte dell’opera che si sbilancia molto su questo genere con riff blackened-death e cantato in growl. La musica è più aggressiva per gli standard della band tradizionalmente legata al black metal, ma non è la prima volta che i Nostri inglobano nella loro musica questo tipo di influenze. Tutto ciò atto a sottolineare la loro capacità di non prefissarsi su un genere specifico. La seconda parte invece, dedicata a Charles Baudelaire presenta un ‘mood’ più cupo, si percepisce bene la sofferenza, il distacco, la freddezza, la decadenza, tutte caratteristiche adattate perfettamente nel black metal. La produzione rispetto alla prima parte è cambiata volutamente in peggio, meno definita e raw. Anche in questo caso il gruppo cerca di variare la forma ripescando direttamente le sonorità storiche del black metal norvegese, di nomi come Satyricon e Burzum, a discapito delle loro caratteristiche abituali, più legate alla modernità.

Quasi 80 minuti totali di musica distribuiti in 13 pezzi, un’opera mutevole spaccata in due visioni che tendono a toccarsi nella matrice comune black metal, quasi come a ribadire la chiara diversità letteraria di queste due figure ma con un approccio alla vita ed ai problemi non troppo dissimile. In particolar modo ho apprezzato molto questa caratterizzazione che hanno dato i Nostri all’album, pur rimanendo un lavoro non immediato a causa della quantità di materiale. Per godere appieno dell’opera è consigliabile suddividere l’ascolto in due momenti distinti, poiché il cambio emotivo tra la prima e la seconda parte è piuttosto netto. La prima parte si avverte più ispirata e personale a discapito della seconda che risultata a malincuore meno brillante. In generale non si segnalano picchi compositivi incredibili, ma piuttosto un’alternanza di brani particolarmente intensi ed altri più insapori. Non è facile mantenere alta l’attenzione per tutta l’enorme durata dell’album, che sarebbe comunque errato definire prolisso perché è un’opera nata appositamente in tal modo. Premio soprattutto la volontà dei due fratelli e le intuizioni che hanno avuto nel comporre un’opera non perfetta, ma sicuramente fuori dal consueto.

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