FLESHGOD APOCALYPSE – Veleno

by Riccardo Basso

Negli ultimi anni i nostrani Fleshgod Apocalypse si sono ritagliati uno spazio sempre più grande nella scena metal estrema internazionale, tanto da diventarne uno dei gruppi più grossi in quanto a seguito. Il tutto è merito di album di alta qualità e di una proposta originale che può essere riassunta in un death metal sinfonico dove le orchestre giocano un ruolo primario. “Veleno” è il primo disco dei Nostri con la nuova formazione, Francesco Paoli infatti è passato da batteria a microfono e chitarra dopo l’abbandono di Tommaso Riccardi e di Cristiano Trionfera. Da un punto di vista sonoro il sound dei Nostri non viene stravolto da questo cambio in quanto “Veleno” suona esattamente come dovrebbe suonare un album dei Fleshgod Apocalypse: pomposo, epico e aggressivo. L’album si apre con “Fury“, pezzo classico che riprende a piene mani le sonorità di “King” e non impressiona particolarmente, sebbene si tratti di un buon pezzo. Già con la successiva “Carnivorous Lamb” però i Nostri alzano il tiro e ci regalano uno dei pezzi migliori della loro discografia. Il brano in questione ha un incipit lento che presto si evolve in un pezzo furioso con un ritornello in clean ad opera di Paolo Rossi. È proprio Paolo Rossi il protagonista di un altro brano particolarmente interessante, ovvero “Absynthe” che è proprio basato sul clean “disperato” che ci cala nel mood giusto per apprezzare il pezzo in tutta la sua epicità. Un altro brano particolare è “The Day We’ll Be Gone“, ballad dove la scena viene totalmente ceduta a Veronica Bordacchini che mette in mostra la sua bravura dietro al microfono. Peccato solo che il pezzo risulti abbastanza pesante da digerire e fuori contesto. Non mancano le canzoni più classiche in “Veleno”, emblematiche sono “Sugar“, che diventerà probabilmente un must nella setlist dei Nostri, e la claustrofobica “Worship and Forget“. Un altro pezzo che si fa subito apprezzare è “Monnalisa“, canzone lenta e abbastanza particolare per il loro repertorio, dove a farla da padrone sono le orchestrazioni e la melodia. Molto bello il monologo in italiano che rende il brano tragico e che si sposa alla perfezione con il resto. L’album si chiude con la titletrack che, come da tradizione, è una strumentale affidata interamente a Francesco Ferrini. Con “Veleno” i Fleshgod Apocalypse hanno fatto ancora una volta centro, il disco cresce con gli ascolti e ci consegna una band in piena forma e pronta a puntare in alto. L’album è più aggressivo e più complesso del suo predecessore, ma non snatura il suono della band italiana. Se avete apprezzato “King” con “Veleno” andrete sul sicuro, se non siete fan dei Fleshgod Apocalypse, questo album non vi farà cambiare idea probabilmente.

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