DELAIN – Hunter’s Moon

by Giuseppe Turchi

Prelude album con quattro tracce inedite e un blu-ray dello spettacolo tenutosi a Utrecht: questo il combo che i DELAIN pubblicheranno per Napalm Records il prossimo 22 febbraio, dopo quasi tre anni da “Moonbathers”, nel quale i Nostri avevano manifestato un piglio più sperimentale, con inserti elettronici.

Se c’è un pregio che si può riconoscere ai DELAIN è quello di essere equilibrati nell’evolversi. Impegnati anch’essi nell’ardua missione di ritagliarsi un sound nella scena symphonic, hanno saputo offrire brani dal taglio più classico, con i caratteristici arrangiamenti orchestrali, così come tracce fortemente contaminate dagli stilemi della modernità (vedi chitarre tendenti al ‘Core e ampio uso di effettistica). La loro transizione somiglia in parte a quella dei Within Temptation, ma appare più graduale, il che sta lasciando tempo ai fan per metabilizzare le novità.

Come detto in apertura, “Hunter’s  Moon” offre ben quattro tracce inedite. “Master of Destiny“, di cui abbiamo anche il singolo, comincia con un’anima che rimanda tantissimo al duo Holopainen-Kurkela, per poi variare con un attacco epico alla “See Who I Am” dei cugini Within Temptation. L’accompagnamento è davvero gradevole, e il picco d’interesse lo si raggiunge con i vocalizzi catartici di Charlotte. Molto poetica l’ambientazione evocata dalle prime strofe, con l’occhio rivolto a un cielo che sembra schiacciarci con le sue leggi deterministiche. Parliamo dunque di un brano il cui tema centrale è la libertà delle nostre scelte, e quindi l’attribuzione di responsabilità che ne consegue.

Segue la titletrack “Hunter’s Moon“, una lovesong che parte in Alternative Metalcore tra versi in scream e palm-mute martellante nonché sincronizzato sulla cassa della batteria. Colpisce nel ritornello l’enfasi catchy sulla parola “You”, così semplice eppure resa così particolare dalla Wessels.

Risulta invece più fuori dagli schemi “The Silence is Mine“, 2:37 di Symphonic con contaminazioni ‘Core, o viceversa. Poche strofe, nessun vezzo vocale, questa traccia non ci lascia molto, se non una buona performance tecnica. Forse potrebbe guadagnare valore se adeguatamente contestualizzata.

Chiude il quartetto “Art Kills” e il suo synth vagamente Amaranthe. Interpretabile come un testo di sensibilizzazione verso i danni che la tecnica (l’arte dell’ingegno umano) sta arrecando al mondo, non ci regala particolari emozioni. Compare anche qui lo “scream” maschile, riconfermando l’assonanza con la band di Ryd e soci. Senza infamia e senza lode.

Due parole infine sul blu-ray del concerto a Utrecht. Complici della presenza del sempreverde Marco Hietala, i Delain hanno regalato un bello spettacolo. Pur sentendosi la differenza tra live e studio, Charlotte ha dato prova di una buona tecnica, perdendo quacosina solo nel finale. La sinergia con Marco (che per un periodo ha fatto parte della band) è eccezionale e il suo contributo ha permesso la creazione di pezzi memorabili come “Control The Storm“, “Sing To Me” o l’anthemica “The Gathering“.

Restiamo in attesa del full-lenght

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