CANNIBAL CORPSE – Red Before Black

by Riccardo Basso

Red Before Black” è il nuovo album dei Cannibal Corpse, una delle band più acclamate della scena death metal e che non ha certamente bisogno di presentazioni.  Il disco in questione non sposta di un centimetro le coordinate stilistiche della band americana: semplicemente vi è un approccio più in your face rispetto al suo predecessore “A Skeletal Domain“. Aspettatevi dunque testi a base di sangue, budella e morte e una parte musicale che non fa prigionieri. Questa cosa si nota fin da subito con l’opener “Only One Will Die“, dove il growl di Corpsegrinder si erge in modo maestoso sulla sezione musicale. Inutile negarlo, i cinque di Buffalo non sono più dei ragazzini (anche se non sembra) e fare solo pezzi dritti può non essere sempre possibile, per questo motivo i Nostri da qualche anno a questa parte hanno iniziato ad inserire anche dei brani più lenti, ma non per questo meno assassini, rappresentati in questo caso da brani come “Code Of The Slashers”  e “Remaimed“. In questi pezzi il lavoro si fa più ragionato e i consueti assalti frontali si alternano parti più “lente” (termine da prendere con le pinze) e ritmate. Remaimed è tra l’altro, assieme a “Firestorm Vengeance“, uno dei pezzi più riusciti dell’intero lotto. La seconda parte dell’album non mostra segni di cedimento, con altri pezzi da novanta. Emblematiche sono “Corpus Delicti“, che spezzerà più di qualche collo, e “Scavenger Consuming Death“, dove l’intro di basso suonata da Mr. Webster risuona compatta e pesante come un macigno. Il disco si chiude con “Hideous Ichor” che riporta il discorso dove era iniziato, quindi picchiando duro e premendo sull’acceleratore. “Red Before Black” è un disco superiore al suo predecessore e che difficilmente annoierà i fan della band; d’altronde i Cannibal Corpse sono sempre stati una garanzia. Il disco è un susseguirsi di parti dirette alternate e parti più lente e pesanti. Una cosa certa è che a fine ascolto il collo chiederà pietà. La produzione si dimostra ancora una volta di alto livello e rende giustizia alla parte musicale (e ai musicisti) con gli strumenti sempre presenti nella giusta misura. Menzione a parte per Fisher, che dietro al microfono tira fuori una prestazione sopra le righe come al solito. I Cannibal Corpse sono finalmente tornati dunque e lo hanno fatto con un disco che spazza via la concorrenza nel genere e che promette di fare scuola alle generazioni future.

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