Sembra passato un secolo in casa Accept dalla pubblicazione di “The Rise Of Chaos“, nonostante siano solo tre anni. Nel frattempo, la band tedesca ha perso l’ultimo membro storico (oltre a Wolf Hoffmann),Peter Baltes, e ha ingaggiato un nuovo bassista e un terzo chitarrista. Gli Accept però sono come uno zombie e non muoiono mai. Il nuovo disco vuole proprio provare ciò fin dal titolo e dall’artwork dove un malvagio serpente metallico è pronto a mietere vittime senza pensarci troppo.
Musicalmente parlando, l’album contiene tutti gli elementi tipici degli Accept dell’era Tornillo, ci si può quindi aspettare una produzione al top, ritornelli epici, riff che trasudano metallo da tutte le parti e pezzi che è difficile non memorizzare dopo un paio di ascolti. Ad esemplificazione di ciò ci sono l’opener “Zombie Apocalypse”, “Sucks To Be You” e “No One Master“. Le canzoni in questione sono quanto di più classico possano proporre gli Accept nel 2021 e difficilmente lasceranno delusi i fan. Il disco però non è tutto un premere sull’accelleratore in quanto ci sono pezzi più cadenzati come “The Undertaker”, canzone lievemente atipica per la band tedesca in quanto si sostiene su un mid-tempo cupo che nella seconda parte cresce e diventa il classico brano alla Accept. Il pezzo risulta il meno immediato del lotto, ma si lascia ascoltare e a conti fatti è uno degli episodi più interesssati. Altro brano lento è la semi-ballad “The Best Is Yet To Come” che è anche l’apice del disco. “Too Mean To Die” scorre liscio tra bordate di metallo e pezzi più rockeggianti tipo “Overnight Sensation” e non mostra particolari segni di cedimento se non nel finale. La strumentale “Samson and Delilah” risulta più un filler aggiunto per coprire il minutaggio richiesto.
Una volta terminato l’ascolto di “Too Mean To Die” c’è da chiedersi se questo sia un disco riuscito o meno. Da un punto di vista prettamente musicale e attitudinale la corazzata tedesca ha ancora una volta risposto alle aspettative ed è innegabile, quello che però forse si sta iniziando a perdere è l’effetto sorpresa. Gli Accept con la tripletta “Blood Of The Nations”, “Stalingrad” e “Blind Rage” avevano stupito tutti per un ritorno estremamente energico ed ispirato, già con il buon “The Rise Of Chaos” lo stupore aveva iniziato a scemare e con questo “Too Mean To Die” è svanito totalmente. Fin dalle prime note di “Zombie Apocalypse” si sa già cosa aspettarsi da questo album e, se si è fan della band, la cosa non è negativa. Gli Accept sono nella fase dove si “limitano” a timbrare il cartellino senza far gridare al miracolo, un po’ come i vari Testament, Saxon e Cannibal Corpse. Nonostante il voto lievemente più basso, “Too Mean To Die” a conti fatti scorre meglio rispetto al precedente “The Rise Of Chaos”, in quanto il duo Hoffmann-Tornillo ha scelto di fare quadrato attorno alle proprie certezze dopo l’uscita di Peter Baltes, il disco infatti suona esattamente come dovrebbe suonare un album degli Accept e di questo non se ne può fare una colpa. Ciò che ci si aspettava dal gruppo tedesco era una risposta forte dopo gli ultimi tumultuosi anni ed è proprio quella che ci danno perché, a conti fatti, gli Accept sono troppo cattivi per morire.