Estro creativo e ricerca del suono non conoscono limiti nella mente di Luca Turilli, ormai affermato sia come virtuoso della chitarra che come compositore di magnificenza. Con lo spirito proprio del Positivismo settecentesco, il musicista triestino infonde demiurgica sapienza negli arrangiamenti, convinto di poter sempre fare un passo oltre, un passo rivolto alla conquista dell’armonia e delle emozioni. E il passo, pur complicando le sottili trame dello spartito e dei testi, è stato fatto.
“Prometheus – Symphonia Ignis Divinus“, secondo album dei Luca Turilli’s Rhapsody, è uscito nel 2015 e da subito si è guadagnato ottime recensioni. Un album che, a differenza dei classici rhapsodiani, non è diretto e lineare, ma poggia sopra un’impalcatura lavorata in modo maniacale, da intenditori. Ci vorranno pertanto ripetuti ascolti, ma alla fine la qualità emergerà e, assieme a lei, una parola chiave: soundtrack. Un concetto dimenticato dal 90% delle attuali band symphonic metal, tutte impegnate nella ricerca di un suono altezzoso che quasi mai viene contestualizzato. In questo, Turilli e colleghi (vecchi e nuovi) si sono dimostrati avanti anni luce, soprattutto se pensiamo a cosa offriva il panorama musicale tra gli anni ’90 e i primi anni 2000.
Con “Prometheus, The Dolby Atmos Experience + Cinematic and Live“, uscito lo scorso 9 dicembre su Nuclear Blast, gli italici cantori offrono un prodotto che a prima vista potrebbe sembrare una mera trovata commerciale. In realtà, il senso complessivo della riedizione può essere ricercato in una duplice missione che è sia sperimentale che nostalgica. Il primo disco, in versione blu-ray, è la versione remixata dell’album del 2015, progettata per rendere il massimo su impianti Hi-Fi. Un esperimento singolare, si diceva, perché la grande capacità del blu-ray dovrebbe consentire il mantenimento pressoché totale della qualità audio, sia esso editato o mixato fino all’estremo.
Ma anche una missione nostalgica, perché nei due dischi live abbiamo un totale di 27 tracce che attingono sia dalla storia musicale dei Rhapsody che dal Turilli solista. Non ci saranno dunque solo gli ambienti futuristici del “Prometheus“, ma torneremo nella “Ancient Forest of Elves” dove potremmo incontrare qualche dama dal crudele “Demonheart“, pronta a scatenare una “War of The Universe” servendosi del fedele “Knightrider of Doom“.
Giochi di parole a parte, nota di merito per un live registrato egregiamente e altrettanto egregiamente eseguito. Alessandro Conti si dimostra oggi un performer d’eccellenza, costante sia in studio che di fronte al pubblico. Un cantante dal diaframma d’acciaio che gestisce con maestria le note alte (cedendo qualcosa solo ed esclusivamente in quelle più estreme) e che nelle medie ricorda quasi il timbro del famoso Tony Kakko. Insomma, un live che crea grossi rimpianti al fan che non ha potuto presenziare ai concerti.
Tirando le somme, il prodotto offerto richiede dispositivi particolari per goderne appieno (il che non lo rende proprio adatto a tutti) ma, considerato anche il prezzo di lancio, risulta un acquisto assolutamente valido, anche solo per chi volesse sentire le vecchie canzoni interpretate da un Conti in forma smagliante.