DIFFRACTURE – Non volevamo un disco core

by Samantha Galluzzo

In occasione del loro concerto al Legend Club avvenuto lo scorso ottobre, abbiamo avuto modo di fare una lunghissima e divertente chiacchierata insieme a tutta la band, e abbiamo parlato del nuovo disco “Oneiros”, uscito in estate per 7Hard, di cui trovate la nostra recensione a questo link:

Ciao ragazzi, partiamo subito con una domanda “rompighiaccio”, perché questo nome?

“È una commistione tra diffraction – diffrazione- e fracture – frattura-. Pensavamo a una cosa tipo diffraction, però in passato abbiamo avuto qualche problema di omonimia con altre band e quindi abbiamo deciso di prendere un nome che non fosse una vera parola e fosse così difficile che qualcuno avesse la nostra stessa idea; e poi comunque ci piaceva perché è una gran genialata, visto che se lo cerchi su google difficilmente troverai qualcos’altro a parte noi.”

Io ho ascoltato il vostro lavoro, e pur non essendo propriamente il mio genere, mi siete strapiaciuti. Parlatemi un po’ di quest’opera prima.

“L’idea era quella di non partire con un genere preciso, avevamo qualche bozza da parte…siamo riusciti a dargli una piega che rispecchiasse più o meno il gesto di ogni singolo membro della band ed è venuto fuori che di fatto era una cosa riconducibile al progressive metal/djent. Chiaramente l’idea era di base quella di fare un certo genere di metal, ci siamo presi delle band di esempio e ci siamo mossi in quella direzione, senza però metterci troppi paletti. Sapevamo per certo quello che non volevamo: non volevamo un disco core, volevamo qualcosa che non fosse incanalabile in una scena, ma che fosse un disco che piacesse alla gente senza per forza dover essere etichettato, accontentando un po’ tutti. Non è una cosa che è stata studiata a tavolino, ma è venuta fuori lavorando sulle composizioni di base, grazie all’aiuto di Ralph (Salati, chitarrista dei Destrage) che ci ha dato una mano a sistemare delle cose da perfezionare o ci ha mostrato delle possibili alternative a livello di arrangiamenti. Lui, essendo un esterno, è riuscito a valutare le cose con più obiettività e a trovare delle soluzioni a delle cose sulle quali magari noi ci eravamo incaponiti.”

Dove avete registrato?

“Mischione! Le batterie le abbiamo fatte al RecLab (di Larsen Premoli, n.d.r.); chitarre, basso da Mauro Scarfia presso il suo Rosewood Basement Production; basi e synth sono state curate da Alessandro Galdieri, chitarrista dei Tristema, Valentina Schiavo ha cantato tutta l’intro strumentale di “Sky burial”. Poi abbiamo portato tutto il materiale ai 4D Sounds di Acle Kahney, chitarrista dei Tesseract.”

Quali sono i vostri gusti musicali?

“Queen, Aerosmith, Led Zeppelin…Behemoth, Trivium, Tool, In Flames, Tesseract, Destrage, After the Burial…”
C’è anche chi di loro è particolarmente dedito alla musica etnica, ma vuole rimanere nell’anonimato.

Come sta andando il disco?

“I riscontri che ci sono arrivati sono tutti positivi. Tutte le recensioni arrivate sono tedesche, quindi non abbiamo idea di cosa ci fosse scritto! Ahahah
Le recensioni italiane non sono state poche, ma buone. Hanno tutti apprezzato il fatto che non fosse un disco troppo incanalato. Altra cosa bella che ci hanno detto è che hanno apprezzato la varietà delle tracce.”

Progetti per il futuro?

“Diciamo che il lavoro sul disco è stato pesante. Lungo e impegnativo per vari motivi…due anni e mezzo…ci ha un po’ sfiancato, una volta uscito abbiamo tirato il fiato e quindi adesso stiamo puntando tutto sulla promozione del disco, migliorare i nostri live e suonare il più possibile. Poi sicuramente ricominceremo a giù qualche idea nuova.”

Dove possono seguirvi i fan?

“Tutti i social…Facebook, Instagram, Twitter…il disco fisico si trova contattando noi o l’etichetta, digitalmente siamo ovunque…Amazon, iTunes, Spotify…”

Quali sono i vostri obiettivi come musicisti?

Andrea: Io voglio fare il musicista professionista.
“Lasciare il lavoro non è facile, ma sicuramente questo progetto merita il giusto tempo. Nessuno a parte Andrea ha mai pensato di fare il musicista di professione. Tentiamo di fare le cose in modo professionale, pur essendo, la nostra, una passione. Continueremo a studiare e suonare…e chi vivrà, vedrà.”

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