Tornano i Vinide dopo un anno e mezzo di registrazioni e a distanza di quattro anni dall’ultimo lavoro. Trattasi di una band finlandese nata nel 2003 e con all’attivo due EP e tre album, compreso questo “Reveal“. Suonano Symphonic Metal praticamente puro, senza sostanziali influenze esterne: voce pulita, chitarre distorte e uso smodato di tastiere e synth; per quanto riguarda le registrazioni per le chitarre ritmiche (che hanno un ruolo consistente) ci si aspettava una pulizia e una profondità di suono maggiore, mentre la chitarra solista rende di più e non nega assoli; il resto è accettabile. Il mixaggio è equilibrato, forse con la batteria e basso lasciati un po’ troppo in secondo piano. Una cosa inusuale è la presenza di voci esterne: pur non essendo dei pionieri in quest’ambito, non è solito trovarne in questa quantità, dato che occupano due dei tre intro presenti in questo album: “Anger” e “Plea“. Non si tratta di semplici parole o frammenti di discorsi, ma di interi monologhi o dialoghi che, nonostante durino meno di un minuto, spezzano fin troppo il ritmo dell’album che dovrebbe essere vivace dati i pezzi. Visti poi i testi, si tratta quindi di un novel album, ma il tutto si poteva articolare meglio, togliendo parti che dovrebbero essere toccanti ma che possono essere percepite come noiose. Tutto sommato è un album che scorre bene e non fa pesare troppo la sua lunghezza: contiene quindici pezzi con una durata che va dai due minuti e mezzo ai sette, senza contare gli intro che durano meno, arrivando a una durata complessiva di oltre un’ora.
Tra le canzoni rilevanti:
- “Reveal“: quarto pezzo dell’album. Si tratta di una delle canzoni più lente dei Vinide, e se non fosse per le chitarre ritmiche registrate in maniera grezza sarebbe stata una perla. Tra il ritornello epico e l’assolo con tutta l’orchestra è un pezzo inconfondibile nell’album, e conclude la prima parte dell’album, prima di calare del tutto.
- “Emanuel“: ottava canzone. Un pezzo piuttosto vivace, soprattutto intro e ritornello che prende il ritmo dal power/epic metal che divide riff relativamente lenti. Contando anche il precedente intro si arriva a sei minuti abbastanza godibili, anche e soprattutto senza intro dato che si tratta di un pezzo piuttosto autonomo musicalmente.
- “The Plan“: decimo pezzo dell’album. Questo pezzo è intermedio come intensità, a metà strada tra quelli citati sopra. È la canzone più lunga dell’intero album, e lo fa pesare nonostante ci siano delle parti orecchiabili e il ritornello che potrebbe essere inserito in una canzone da Sanremo.
Rispetto a “Odes for Thoughts”, le chitarre sono state relegate a un ruolo più marginale a favore delle tastiere. Inoltre i Vinide, intraprendendo il progetto del novel album, hanno curato di meno la composizione puntando a riff più essenziali ma comunque gradevoli e che si fissano in mente. L’esperimento è interessante ma visti i precedenti ci si poteva aspettare di meglio.