Eccoci all’ottavo album in studio della band di Orlando, che ha fatto tanto discutere nell’ultima parte della loro carriera. Dopo aver conquistato migliaia di appassionati negli anni 2000 con “Ascendancy” e “Shogun”, a mio parere pietre miliari del metalcore, i loro appassionati si sono divisi in due gruppi ben distinti con l’uscita di “Vengeance Falls” e “Silence In The Snow”: quelli che “senza growl siete una band morta” e quelli che “vi ameremo qualsiasi cosa farete“… Fortunatamente i Trivium non hanno dato ascolto a nessuno dei due tronconi, ma stanno seguendo un percorso creativo e personale non dettato dalla ricerca della vendita e del guadagno.
Questo “The Sin And The Sentence“ è il segno che stanno raggiungendo un obbiettivo. Il songwriting è molto più ragionato e complesso, così come si nota che Matt Heafy e compagni hanno trovato una maggior consapevolezza di sé e delle proprie capacità musicali. Il disco è organico e compatto, riesce ad essere incisivo e a suo modo spettacolare senza fare i fuochi artificiali come il già citato “Shogun” e “The Crusade”. Ha il suono moderno e patinato di “In Waves” ma con la grinta (ben dosata, però) di “Ember To Inferno”. Il primo ascolto è stato molto difficile: non nascondo di essere un grande fan del gruppo e sentire tutte queste influenze mi ha lasciato molto perplesso, ho dovuto risentirlo più volte per rendermi conto della sua complessità.
Gli undici brani presenti rispecchiano quanto già detto sulle auto-influenze. È un disco ben fruibile dai fan di vecchia data che si aspettano riff serrati, assoli a base di puro shred e il growl cavernoso di Matt e Corey, “Beyond Oblivion“ e “Betrayer” fanno per noi. Accontentano anche chi li ha scoperti nell’ultima fase della loro carriera, e quindi ecco le sognanti ma cupe melodie di “The Heart From Your Hate” e “Beauty In The Sorrow“. E c’è pure il materiale per chi li scoprirà con questo disco: “Severe The Hand” è la carriera dei Trivium più quanto imparato dal metal moderno riassunto in un pezzo. C’è un però, che io ho apprezzato ma per altri potrebbe non essere lo stesso: a mio avviso i brani rendono meglio se ascoltati nel contesto del disco che non presi singolarmente.
Seppur aiutati dalle straordinarie capacità tecniche del loro nuovo batterista Alex Bent, i Trivium con questo “The Sin And The Sentence” si stanno riconfermando come i migliori protagonisti del metalcore, sfornando finalmente un disco completo e non una compilation di singoli.