Nonostante il momento critico e incerto, il 2021 si prospetta un anno interessante per quanto riguarda le nuove uscite nell’ambito della produzione musicale. Una di queste è segnata da un grande ritorno nel panorama black metal internazionale, preceduto da due singoli rilasciati sulle piattaforme digitali il 15 dicembre 2020 e, successivamente, il 7 gennaio, brani che hanno lasciato gli ascoltatori carichi di aspettative per il settimo full-length di una band più che affermata nella scena black, in Europa e nel resto del mondo: stiamo parlando del nuovo album dei The Ruins Of Beverast, “The Thule Grimoires”, pubblicato e disponibile in formato fisico e digitale dal 5 febbraio 2021.
The Ruins of Beverast, progetto solista del musicista tedesco Alexander von Meilenwald, prende vita nel 2003 e il nome trae ispirazione da un episodio cruciale all’interno della mitologia norrena, ossia il crollo di Bifröst (ponte leggendario che unisce Midgard, la terra degli uomini, e Asgard, la dimora degli dèi), che, come narra l’Edda poetica, viene distrutto durante la battaglia tra dèi e giganti (giorno che, nella mitologia scandinava, prende il nome celeberrimo di Ragnarok).
Ispirandosi all’escatologia e alla tradizione letteraria nordeuropea, i Ruins of Beverast si caratterizzano con un’aura unica e identificativa, che evoca un immaginario fantastico e un panorama surreale di morte e devastazione, attraverso note cupe, profonde, esasperate, al punto da infondere nell’ascoltatore l’impressione di percepire visivamente e fisicamente la musica.
Dal 2004, anno d’uscita del primo full-length, i Ruins of Beverast hanno raggiunto una posizione ragguardevole, decisamente meritata, all’interno della scena metal, suonando in tour in tutta Europa, in America e sui palchi di alcuni dei principali festival internazionali. “The Thule Grimoires” non può che confermare lo status ampiamente affermato della band. Sette tracce che si ascoltano col fiato sospeso fino alla fine, un album di altissimo livello per gli amanti dell’atmospheric black metal, con sfumature doom e melodiche, caratteristiche che accompagnano la loro musica nel corso degli anni e che preservano il fascino che questa trasmette.
Dalla prima traccia, “Ropes Into Eden”, l’ascoltatore è rapito in una dimensione immaginaria e profondamente inquietante. È un pezzo esplosivo, e, nonostante la durata di quasi 13 minuti, non perde mai di intensità e carica emozionale. Le aspettative sono pienamente confermate man mano che i brani si susseguono, in perfetta armonia e in un costante coinvolgimento sul piano sensoriale. “The Tundra Shines”, seconda traccia, si apre con un’intro ambientale estremamente evocativa, seguita da una parte strumentale e melodica che prepara ad un pezzo profondamente cupo e suggestivo che, dalla metà in poi, si fa più carico ed enfatico, con una patina drammatica soprattutto nella sua parte conclusiva. Seguono il singolo “Kromlec’h Knell”, da sonorità melodiche e un cantato empatico, “Mammothpolis”, canzone molto cupa, introdotta da un’ouvre dark ambient dai toni surreali, un intermezzo melodico e ammaliante che precede la quinta traccia, il secondo singolo “Anchoress In Furs”, brano squisitamente black, di forte impatto. Le ultime due tracce sono “Polar Hiss Hysteria”, sette minuti di blast beats e riff martellanti, e “Deserts To Bind And Defeat”, un brano di 14 minuti, perfetta sintesi stilistica a conclusione dell’intero album.
“The Thule Grimoires” è un lavoro eccellente, promosso a pieni voti, sulla stessa lunghezza d’onda della produzione precedente – se non addirittura migliore, per certi versi. Un ascolto vivamente consigliato, che non deluderà i fan della band e gli appassionati del genere.