A distanza di un anno dal primo i The Beast of Nod hanno pubblicato il loro secondo EP, chiamato Arrival; il gruppo trattasi di quattro ragazzi di Boston che suonano death metal da non moltissimo tempo. L’album consiste in 5 pezzi della durata di 21 minuti, le registrazioni e il mixaggio sono buoni nonostante sia autoprodotto, per descrivere in poche parole l’album si può dire che hanno preso il melodic death metal e ci hanno aggiunto una frazione importante di progressive in un incastro armonioso con pochissime sforzature. Le canzoni durano tra i 4 e i 5 minuti, ma sono abbastanza complesse a livello compositivo che sembrano più lunghe, ma non annoiano. C’è una varietà di suoni tra le varie canzoni rimanendo
Tra le canzoni rilevanti:
- Ascension: penultimo pezzo. E’ stato difficile scegliere le canzoni tra le 4 inserite in Arrival per via del fatto che non c’è nè una che meriti più dell’altra, sono tutte sullo stesso livello. L’intro è interessante, le chitarre incisive e melodiche quasi onnipresenti, la batteria instancabile, la voce profonda, il basso di spessore; brutalità alternato a melodia se non insieme. Cosa volere di più?
- Hyperanal Hemorrhaging: pezzo conclusivo. Conclusione con il botto di questo breve ma intenso album, che racchiude l’anima prog della band con le chitarre frenetiche che proseguono imperterrite a fare virtuosismi, poi il finale death semplice e orecchiabile
Rispetto a Enter the Land of Nod il nuovo EP ha privilegiato le parti progressive e melodiche rispetto al semplice death metal che comunque la fa da padrone; i suoni sono stati puliti e la composizione si è fatta più complessa dando un prodotto di un altro livello rispetto al primo EP. Vale la pena riascoltarlo un paio di volte, e se il genere piace, anche di più.
