THROWING BRICKS – What Will Be Lost

by Sara Di Gaspero

Dalla città di Utrecht, in Olanda, arrivano i Throwing Bricks, i quali pubblicano il loro primo album “What Will Be Lost”, disponibile dal 15 maggio per l’etichetta Tartarus Records.

Non fatevi sviare dal moniker un po’ immaturo: siamo di fronte ad un’interessante miscela musicale. I Throwing Bricks infatti nascono come band hardcore, ma cambiano man mano drasticamente direzione. Classificati sotto il genere Sludge/Black Metal, in realtà con queste definizioni vengono sottolineati solo gli aspetti principali delle loro composizioni: ci sono anche dosi massicce di stoner, drone, noise e del punk a sottolineare le loro origini, il tutto condito da urla lancinanti, chitarre stordenti e tutto sommato, del vero e proprio casino confusionario. Tutto questo per richiamare all’ascoltatore la disperazione più pura. 

Prendiamo ad esempio la lunga “Ceremony”: regno del noise più caotico, in sé racchiude confusione pura, urla instabili, chitarre stridenti, a rappresentazione proprio delle più oscure cerimonie nere. 

Patterns Rise” è un letterale muro di suono all’inizio, si trascina a fatica lungo il suo svolgimento mantenendo le vocals al limite della pazzia e chitarre stridule, ma arricchendosi anche di riff grevi che a lungo andare creano una confusione ordinata.

La più breve dell’album è “Glass Queen”, anch’essa ponderosa e confusionaria; la linea vocale viene relegata in un lontano sottofondo, come elemento di disturbo e non necessario. È il finale ad essere una parete di rumore, pesantezza e stridii.

Nel caso di “Costant Failure”, ci troviamo di fronte alla più pura accezione del black metal presente in quest’album: blastbeat continui, chitarre tetre e una linea vocale disperata, il tutto comunque arricchito da un muro sonoro in sottofondo.

C’è dello spazio anche per della malinconia: stiamo parlando di “Galling”, la cui introduzione sembra voler presagire della misteriosa e occulta oscurità. È una lieve chitarra a far cambiare completamente atmosfera al brano toccando velate cime di tristezza. Nel suo svolgimento, si rivela di una delicatezza unica, che quasi stona con il resto di ciò che viene proposto, seppur in positivo. Ci vuole la metà brano per rientrare nei ranghi: la disperazione della parte vocale e una pesantezza generale rompe completamente l’illusione dolce-amara che ci era venuta creare. Si ritorna al black, che imperversa furioso fino alla conclusione. Brano davvero splendido, dalle mille sfaccettature e possibilmente il più bello dell’intero “What Will Be Lost”. 

What Will Be Lost/Won’t Happen Again” gioca anch’essa su questa giustapposizione, con un’intro melodica oscura ed inquietante, ma svolgendosi in uno sludge che in parecchi punti sembra scivolare nello stoner più puro, a cominciare dal pesantissimo riff di cui l’intero brano si fregia. Intermezzi più melodici la liberano da questo senso di gravità, permettendo anche un breve momento più dolce prima dell’esplosione violenta prima della fine. 

“The Day He Died” intercede in un mid-tempo gravoso dopo un basso pesantissimo. Lo sludge sembra letteralmente colare mentre il brano si avvicina alla sua metà, diventando praticamente un macigno. Dopo una breve interruzione dove il basso fa parlare la sua profonda voce, la chitarra disegna vaghe melodie orientaleggianti prima che le urla ci rigettino negli abissi più profondi del dolore. Un assolo strascicato ci accompagna alla conclusione.

A riassumere e concludere il tutto ci pensa “Ready To Fall”, brano che racchiude in sé quanto detto finora. Si distingue per una prima interruzione malinconia e leggiadra, che sfocia in black quasi funerario, che però riprende le caratteristiche melodiche, interrompendosi all’improvviso.

Come primo album non è affatto male, considerando l’interessante proposta che ci fanno i Throwing Bricks. Nonostante scivoli alle volte nella ripetitività, l’originalità riesce a vincerla creando un lavoro degno di nota e di ascolto accattivante. Sicuramente indicato per quelli che non hanno paura di sperimentare, “What Will Be Lost” è davvero una prova superata per la band olandese. Non si può che sperare in meglio per il futuro.

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