Gli Hard Reset sono una band fiorentina nata meno di un lustro fa ed è formata da tre ragazzi. Ha debuttato l’anno scorso pubblicando l’LP Machinery&Humanity, il quale è stato pubblicato in Stati Uniti ed Europa, dove è stato organizzato un tour recentemente. E’ composto da 15 canzoni con una durata che dal minuto e mezzo ai cinque minuti scarsi, come ad esempio i Blink-182 o gruppi grindcore, ma con questi ultimi gli Hard Reset non hanno niente a che fare come genere. Il tutto ha una durata complessiva di 50 minuti abbondanti (50.54); si tratta di un album che scorre senza intoppi e che non ci si accorge di essere già alla sesta canzone, nel senso buono (niente forzature) e cattivo (non c’è molta differenza tra le canzoni). Ma come per i motori diesel, gli Hard Reset danno il meglio di sè dopo, dalla quinta canzone in poi meritano di essere ascoltate: è una via di mezzo tra Blink-182, Offspring, Bon Jovi e Placebo, per poi lasciarsi andare sul finale con dei lenti. Originali quanto basta, gli assoli si possono contare sulle dita di una mano in quanto la chitarra mantiene la ritmica, il basso non è nulla di eccezzionale (tanto che in alcune canzoni ha lo stesso volume di quello di Newsted in Justice for All. NdR), la batteria sa il fatto suo. I suoni sono puliti, quasi piatti, ma non stonano affatto nel complesso.
Tra le canzoni più rilevanti:
- Changing: quinta canzone dell’LP. Doppia chitarra e tastiera che nel riff sono alternati e l’inserimento del discorso tenuto da Charlie Chaplin nel finale del film “il grande dittatore” tra i due ritornelli finali rendono la canzone inconfondibile dalle altre dell’album
- Rain: ottavo pezzo dell’album. Buona combinazione tra parti tranquille e più vivaci, presenta uno dei pochissimi assoli di chitarra, niente di stratosferico ma pertinente al genere. L’alternanza tra chitarra e basso a momenti di solo voce e batteria fa il resto
- What I Hope To Find: decima dell’album. Un’altra canzone inconfondibile dall’inizio con un intro molto orecchiabile, la voce che alterna momenti in cui è graffiante a momenti che è placida, accompagnata a braccetto da chitarra e basso.
- Venice Souvenir: undicesimo pezzo. Mantiene il livello raggiunto con la canzone precedente, ma sono totalmente diverse, riassumendo le varie influenze del gruppo. Inizialmente tranquillo, prosegue tranquillo con un caricamento graduale fino a scatenarsi sul finale con un “it’s my Venice souvenir” contagioso, poi cala il sipario.
- Monkey Seeking: dodicesimo pezzo. Molto vivace, perfetta per dare la carica anche nelle parti più tranquille che come nelle altre non mancano. Tra la chitarra che mantiene la ritmica, la batteria scatenata e la voce incisiva, rimane impressa in mente.
Riassumendo, se si vuole ascoltare una band italiana che faccia alternative senza sfigurare in confronto con band dello stesso genere e famose a livello mondiale anche tra i non appassionati di musica, gli Hard Reset sono la scelta giusta.