Oggi ho tra le mani un prodotto molto meno heavy di quelli che siete abituati a vedere su Metalpit.it, ma non per questo meno interessante.
Pur essendo in circolazione dal 2009, i Plan Three hanno una discografia molto scarsa (debuttano con “Screaming Our Sins” e nel 2011 un EP, “The Signal – Part One”): hanno infatti aspettato ben sei anni per pubblicare questo “Wish I Was Stormborne“. Sono andato a sentire qualche pezzo del loro primo disco prima di ascoltare l’album, mi è piaciuto il sound a metà tra le ballad degli Alter Bridge e l’alternative degli Shinedown…
Le danze si aprono con “Welcome To The Edge“, e rimango un po’ stupito: pianoforte, synth, batteria dritta in 4/4 molto pop anche se si sente il rock delle origini, quasi fossero dei Coldplay sotto steroidi. Stesso discorso per le tracce successive: il gruppo ondeggia parecchio tra la “commercialata” e la ballad heavy rock, fino ad arrivare al centro del disco con “Carl Sagan“ e “Photograph“, due pezzi lenti che sentirei volentieri al ballo di fine anno in qualche scuola americana. Discorso a parte per la titletrack, “Wish I Was Stormborne“, un crescendo strumentale di pianoforte, sintetizzatori “pad” e archi: presa a sè stante sembra quasi inutile, ma in realtà introduce alla seconda parte del disco, dove la band ha ripreso la speranza di una sufficienza piena.
Qui l’album prende una piega più oscura, raggiungendo l’apice su “Where Do We Go From Here“ e “Oblivion“, dove possiamo notare delle influenze più heavy metal/alternative nei riff, nelle strutture e nei suoni, che danno finalmente un po’ di carattere a quest’album. Di sicuro queste tracce non dispiaceranno agli ascoltatori non abituati a queste sonorità.
Alla fine dei conti questo “Wish I Was Stormborne“, per quanto penalizzato da una netta divisione di stili tra i pezzi, è un disco che si fa apprezzare, anche se ci vogliono almeno un paio di ascolti per coglierne tutte le sfaccettature. Di sicuro i Plan Three faranno strada, da tenere sott’occhio!