Nati nel 2008 in Finandia, i Nighon sono un sestetto che si definisce Symphonic Shock Metal e che ci proporrà, il prossimo 5 maggio su Inverse Records, il suo secondo lavoro: “The Somme“. In questo album tematiche inerenti guerra e post-modernità si condensano in un songwriting piuttosto impegnato e sostenuto da un mix di sonorità industrial-symphonic black, intervallate dal canto melodico di Alva Sandström.
La prima cosa che emerge durante l’ascolto di “The Somme” è la fantastica qualità del suono. Le chitarre presentano accordature ribassate la cui corposità è accentuata da un basso davvero prepotente e, a mio giudizio, azzeccatissimo. A ciò si aggiunge una sinergia di arrangiamenti sia sinfonici che elettronici per completare la creazione di un’atmosfera coerente al 100% con il significato dei testi. Destinato a dividere gli ascoltatori è invece l’utilizzo di una voce femminile che rimanda al pop-rock americano e a quel movimento nato dopo l’esordio degli Evanescence. Ammetto infatti di essere rimasto perplesso dopo l’ascolto del singolo “The Greatest of Catastrophes“, così come nei pezzi “Lest we Forget” e “Tragédie“, dove gli intermezzi di Alva mi sono sembrati addirittura fuori luogo. A volte melensi, altre volte tremendamente scontati fino al punto di sembrare una pura mossa commerciale, di sicuro risulteranno repellenti per le anime più dure e pure, mentre il resto del pubblico riuscirà a metabolizzarli dal secondo ascolto in poi. Io mi trovo in questa seconda categoria di ascoltatori, sebbene abbia dovuto premere il bottone play più volte per entrare nel mood dell’album. Mi ha aiutato anche il fatto che in certe tracce, tipo “The Dirge” e “Reclaiming Ravenpoint“, il passaggio dal growl di Nico Häggblom al melodico di Alva è meno traumatico e, anzi, riesce quasi a produrre il piacevole effetto di una voce dolce che sorvola il campo di battaglia, o di una voce interiore che scuote le coscienze degli individui.
Curiosando nella tracklist si può notare una buona varietà nella proposta compositiva, giacché abbiamo pezzi come “Blow Them to Hell“, forse il più duro e che può ricordare il fare dei Dimmu Borgir, oppure come “Scarnhost” e soprattutto “Minur Secundus“, vicine all’industrial dei riff semplici e ‘ciccioni’. La titletrack “Somme“, invece, comincia con il suono di una cornamusa e abolisce il growl, adagiandosi sugli emozionanti lidi di quel folk/alternative che abbiamo sentito nei film dove si vedono scene di cimiteri americani, con i loro prati verdi e le lapidi bianche. Un’ottima chiusa a parere di chi scrive, atmosferica, cinematografica, ma che soffre dello stesso problema delle canzoni ammiccanti citate nel capoverso precedente.
Non sarà forse di facile digeribilità, non sarà nemmeno un campione di originalità, però “The Somme” è un disco fatto bene e molto curato. I suoni sono eccellenti, gli arrangiamenti hanno il pregio di non puntare al mero effetto bombastico, il comparto sinfonico e l’effettistica sono minuziosi e precisi. I Nighon hanno dimostrato di saperci fare e l’unica cosa in cui devono migliorare è l’integrazione della voce femminile.