Arrivano da tre continenti diversi le menti dietro al progetto Last Call at Nightowls, il quale vede i propri membri divisi tra Italia, Messico e Australia. La loro proposta si distanzia dai generi trattati solitamente con le nostre recensioni, come potrete notare, ma chi è predisposto a queste sonorità cupe ma tenui allo stesso tempo potrebbe accogliere il lavoro con molta curiosità.
“Ask the Dusk” è il loro album di debutto, e si può descrivere come la colonna sonora perfetta per un viaggio notturno, in cui ci si trova in un limbo tra sogno e incubo, tra eleganza e inquietudine. Disco, quindi, che gioca sul fattore psicologico, cercando di entrare nella mente dell’ascoltatore e di coinvolgerlo nelle sue atmosfere.
Si sentono fin dall’opener “Húmeda” gli elementi portanti di questo lavoro. Retto da una base di tastiere e sintetizzatori, il dualismo tra i due sassofoni tenori, dietro cui si celano Terry Vainoras e Maria Ruvalcaba Uribe, accompagnerà nelle atmosfere quasi costantemente. Durante l’ascolto sono vari gli scenari che si generano, e la capacità dello strumento di adattarsi a essi è proprio ciò che lo contraddistingue, donando sfumature diverse tra di loro ma capaci di collegarsi al meglio. In ogni caso, lo strumento non è onnipresente, e i Nostri dimostrano anche di sapersi rapportare con arrangiamenti eterogenei.
“La Llorona” mostra proprio le doti compositive della formazione, che riesce a seguire fedelmente un filo conduttore pur con scelte di vario tipo. Il pezzo inizialmente ci trasporta in un’atmosfera dove regna l’inquietudine, per poi assumere una natura lievemente più vellutata con l’ingresso della voce, elemento usato soltanto in questo brano. Interessante, nel finale, l’intreccio tra il piano e il basso, che ribadisce le sonorità jazz da cui sono partiti i musicisti per la scrittura di questo disco. Parlando di jazz, la seguente title-track è il brano più riassuntivo della produzione: in cinque minuti racchiude la visione intrigante del genere che si nasconde dietro la musica, legandosi molto bene con la conclusione della composizione precedente.
L’approccio incuriosisce, ma si percepisce ancora un senso di poca maturità, specialmente nei momenti dagli accenni ambient. Le insicurezze salgono in cattedra nel finale, con pezzi che non danno costantemente continuità al susseguirsi di sensazioni originale della prima metà, lasciando a tratti con l’amaro in bocca. È un vero peccato notare questo calo subito, in quanto inizialmente le impressioni erano molto più promettenti. In ogni caso, è giusto non generalizzare; si può chiaramente percepire dell’insicurezza, ma per il resto “Ask the Dusk” è un album di debutto che dimostra un discreto potenziale.
Questo progetto non ha colpito particolarmente con la propria prima produzione, ma ha comunque fornito tutte le basi necessarie per sperare in una sorte migliore in futuro. Le capacità compositive e la visione musicale intrigante sono due aspetti ben chiari ed evidenti, ma non sempre gestiti al meglio. L’augurio è che le loro prossime fatiche possano apparire più compatte e convincenti, lasciando definitivamente alle spalle i passi falsi di questo debutto.