È in uscita il 26 giugno il secondo album della formazione black metal catanese Fordomth, dal titolo “Is, Qui Mortem Audit”. La formazione, nata nel 2013, ha dato alle stampe il debutto, “I.N.D.N.S.L.E.”, nel 2018: l’album è un concept black/funeral doom che traeva ispirazione da grandi nomi come Ahab ed Evoken. In seguito ad un lento cambio di line-up passano da sei a quattro membri, o meglio coloro che registrano questo “Is, Qui Mortem Audit.” Dopo la produzione dell’album e un primo minitour, il cantante C.G. ha lasciato i Fordomth, che quindi si ritrovano in tre, ed utilizzano dei session vocalist per i live.
“Is, Qui Mortem Audit” segna una transizione della band verso un black metal più disperato ed atmosferico, a là Mgła e Wiegedood per citarne alcuni, con forti influenze doom; è diviso in cinque brani per un totale di 37 minuti.
Le armi dei siciliani sono sin da subito affilatissime. “Esse” ci accoglie con un blastbeat tagliente e un growl profondo che alle volte scivola verso il pig squeal; la monolitica parte centrale rappresenta quanto di più vicino al doom ci sia nel brano. Un’interruzione accoglie una prima ventata di inquietante riposo, violato da un growl lancinante. Permeata di un black metal violento e oscuro, è sicuramente una grandissima introduzione che lascia il segno.
“Audere” segue immediatamente la sorella maggiore, se possibile con appena più violenza. Perfettamente udibile il basso, dettaglio personalmente molto gradito, che accompagna un riff sicuramente inspirato a quanto prodotto dai polacchi Mgła. Bellissimo il lavoro di batteria, che si destreggia fra blastbeat e un bel mid-tempo pesante, il doppio pedale non prende quasi mai fiato. La metà brano è dedicata ad un momento più atmosferico e sinistro, interrotto brutalmente dal ritorno del black nella sua accezione più scura; un successivo cambio riff non muta però l’inquietudine di cui il brano è zuppo. Il finale è lasciato alla sola chitarra, con poche note delicate. Altro splendido ascolto, di sicuro gradimento ai fan della suddetta formazione polacca, ma con un certo twist personale.
L’introduzione indemoniata di “Scire” ci porta ad ancora più rabbia e violenza, in un misto di velocità e dannazione. Anche qui si sottolinea di nuovo una bellissima batteria e il basso, che non ha paura di farsi sentire. Il brano è un continuo fermarsi e ripartire, destreggiandosi far parti forsennate in blastbeat e momenti più lenti e spaventosi, andando a creare un’impressione di pesante irrequietezza. Il finale inaspettato amplifica questo sentimento, decretando l’ottima riuscita della canzone.
“Mors” affida il suo inizio alle chitarre, prima dell’esplosione di un incendio nero in piena regola. Anche qui troviamo delle parti più lente, ma cariche di ira violenta; le parti puramente black metal non lasciano nemmeno l’ombra di un prigioniero, facendo letteralmente terra bruciata. La parte centrale assume man mano le caratteristiche distintive del doom, diventando pesantissima mentre si trascina verso il finale. Brano splendido, molto sfaccettato.
A conclusione troviamo la strumentale “Untitled”, una bonus track ritualistica, come se i brani precedenti fossero solo l’introduzione ad un sabba a cui non sapevamo di dover partecipare. Carica di mistero e dal vago sapore orientale, è assolutamente inquietante e spaventosa.
Come volevasi dimostrare, l’Italia continua ad ergersi a baluardo della qualità. L’album è veramente ottimo, ricco di violenza e rabbia, sfacciato e personale, alle volte imprevedibile; un ascolto imperdibile per gli amanti del black metal. Non rimane che fantasticare su cosa saranno in grado di fare per il prossimo album, vista la qualità di “Is, Qui Mortem Audit”.