Avevamo lasciato i Darkend con il superbo “The Canticle of Shadows“, disco che li ha consacrati definitivamente come una delle realtà italiane più interessanti ed eclettiche del panorama Symphonic Black Metal. Unendo le forze con Dark Essence Records, etichetta discografica norvegese, la band ritorna offrendoci il loro quarto rituale. Composto da sei tracce per un totale di 43 minuti, “Spiritual Resonance” si presenta come un viaggio fra esoterismo e misticismo; quest’opera ci mostra la quintessenza dell’occulto ed è capace di proiettare l’anima e i sensi dell’ascoltatore in un percorso musicale unico, oscuro: una vera e propria risonanza spirituale.
“These are paths to my world beyond. Carrying the seeds of change” – Animæ
“The Three Ghouls Buried at Golgotha” apre l’album in modo estremamente sinistro con una breve introduzione dal tono misterioso per poi esplodere in tutta la sua furia; la quale funerea energia viene implementata da un’atmosfera imponente e sacrilega che ci accompagnerà per tutta la durata del disco. La tastiera di Antarktica e il basso di Vinterskog, formano un connubio perfetto (coadiuvato anche dalla martellante batteria di Valentz), conducendo magistralmente la chitarra che plasma riff cupi ed accattivanti. Animæ sorprende con la sua teatralità vocale dando prova di una versatilità eccezionale, riuscendo a spaziare tra un gran numero di registri vocali, ognuno dei quali si dimostra incredibilmente adatto ad ogni circostanza. Si prosegue incontrando sul nostro cammino “Scorpio Astraea High Coronation“: ogni particolare di questa traccia va a costruire un inquietante e ipnotico, nonché affascinante rituale composto da un ritornello cerimoniale e ossessivi riff. La successiva “With Everburning Sulphur Unconsumed“, scelta per il primo video della band, prosegue su coordinate simili: passaggi puliti ed evocativi, qui ogni strumento trova il suo spazio donando personalità al brano fra le quali un giro di basso eccelso a metà canzone; la vigorosa voce di Animæ viene affiancata dalla presenza di Lindy Fay Hella (Wardruna) che aggiunge ulteriori sfumature e sfaccettature alla composizione, avvalorando il carico emotivo. Un pezzo trascinante che riassume tutte le caratteristiche e competenze dei Darkend, rapendo l’ascoltatore dall’inizio alla fine. Seguono “Vessel Underneath” e “Hereafter Somewhere“: canzoni feroci, intrise di una certa componente malinconica che coesiste insieme alla collera realizzando un macabro dipinto; le atmosfere generate sono cupe e incorniciate da peculiarità dannatamente tetre che faranno la felicità incondizionata di chiunque sia incline a sonorità di questo tipo. “The Seven Specters Haunting Gethsemane” conclude l’estremo rituale con una sfuriata iniziale fatta di blast-beat e sinistre voci sussurrate, per poi proseguire in un crescendo memorabile che si infrange in un finale sorprendentemente quieto, sensazionale, dove il pianoforte è assoluto protagonista.
“Spiritual Resonance” è capace di trasportare l’ascoltatore fuori dalla sfera uditiva per ricreare nella sua mente scenari claustrofobici accompagnandolo nella celebrazione di un rito arcano. Un disco curato a livello maniacale, esaltato da una produzione moderna, pulita e in grado di dare lustro a ogni strumento mostrando le capacità di ogni componente della band. Come se ciò non bastasse, anche la copertina dell’album è all’altezza dell’opera: “L’Homme Dieu” del pittore Jean Delville, qui in una versione modificata da Animæ, è un ottimo biglietto da visita e racconta perfettamente cosa si andrà ad ascoltare.
Ho seguito passo per passo lo sviluppo e maturazione della band, sin dall’uscita di “Assassine”, con loro sono cresciuto musicalmente anche io: provo quindi molta soddisfazione nell’affermare che i Darkend hanno fatto centro anche questa volta, riuscendo a sfornare un’opera tanto varia quanto complessa, come sempre distinguendosi per impegno ed elaborazione compositiva. Capolavoro.