COIL COMMEMORATE ENSLAVE – The Unavoidable

by Sara Di Gaspero

Dopo quattro anni di silenzio ritornano i Coil Commemorate Enslave (guidati in toto dal mastermind Consalvo) con la loro ultima fatica in studio intitolata “The Unavoidable”. Se lo stupendo “L’Infinita Vanità Del Tutto” mi era piaciuto da impazzire appunto per una certa ingenuità e la rabbia intersecate fra loro, si assiste ad un netto taglio con il passato, un’evoluzione molto interessante che ovviamente non tradisce le componenti principali della proposta musicale dei Nostri. “The Unavoidable” si snoda in otto brani dai tre agli otto minuti e mezzo di durata; si può ritrovare una mistura interessante di un certo post-black metal che scende a momenti verso il shoegaze/blackgaze che dir si voglia (molte volte mi hanno fatto tornare in mente i quasi sconosciuti Ashes Of Nowhere), dimostrando una certa maturità rispetto ai lavori precedenti.

Scendendo nel dettaglio, troviamo ad accoglierci un “Intro” recitata: la poesia “La Voce” di Giovanni Pascoli è accompagnata da una melodia quasi sognante, dolcissima, che mai potrebbe preparare alla chitarra acida di “Anti Prophet”. Si parte con il botto: il growl lancinante e doloroso di Daniele Rini (Ghost Of Mary) accompagna chitarre rabbiose e malinconiche, le quali sfociano in intricate sezioni che creano trame meravigliose e da ascoltare più volte con attenzione. Il ritmo cambia più volte, andando a creare atmosfere che variano dal disperato al vagamente speranzoso. L’interruzione a metà brano permette di far parlare la chitarra da sola, a cui segue un momento di estrema malinconia, lento e dolceamaro, dove leggere voci oltre a quella in growl cullano l’ascoltatore. Bellissima tutta la sequenza finale.

Si continua con “Dirt”, canzone dalle tinte fosche e tristi che lasciano spazio al growl disperato e ad un blastbeat leggero, quasi delicato nella sua rabbia. Nonostante la sua ripetitività e la lunghezza, il brano non stanca: l’avvicendarsi di due atmosfere così differenti fra loro eppure complementari lo rendono splendido e dolcissimo. Addirittura acquista un sapore vagamente epic nella seconda parte della canzone, tingendo ulteriormente l’ascolto di sfumature ed emozioni. 

Nothing Else But Black” si distingue per un’introduzione distorta e quasi inquietante; la canzone si arricchisce di una rabbia più violenta anche grazie ad un blastbeat più definito. Nello svolgimento scivola in soluzioni melodiche quasi pop-rock che però non stonano affatto nel creare la precisa atmosfera malinconica che più di tutte permea ogni composizione dell’album. A metà brano sorprende un assolo che si protrae lugubre, niente più che una manciata di note precise. Ritorna nel finale, stavolta più articolato e splendido nella sua semplicità: brividi a volontà. 

Più impuntata verso il black classico in alcuni momenti, “Nemesis” parte subito incalzante; diventa appena reminiscente di alcuni vecchi Opeth mai dimenticati, non perdendo però la sua singolarità e originalità. Anche qui si alternano momenti più melodici ad arricchire la gamma di colori di cui la canzone è tinta. Viene lasciata parlare la chitarra da sola mentre ripete il riff portante, frenando la canzone e permettendo una piccola spaziatura. Da qui appare l’italiano ad accompagnare una parte assolutamente stupenda, dove le chitarre incalzano un blastbeat tenue e disegnano un’atmosfera veramente difficile da descrivere a parole: i brividi ritornano in pompa magna. Probabilmente il brano più bello e variegato dell’album, una vera perla. 

Senza nemmeno un po’ di respiro parte “E.F.S.D.”. Un pochino sfigura dopo il brano precedente: sferzate di gelo nero si susseguono a momenti melodiosi e malinconici; un’interruzione dolorosa lascia parlare una voce pulita e rassegnata. Non c’è molto altro da dire.

Comincia cattivissima “The Snake And The Rope”, note velocissime si inseguono una dietro l’altra aiutante da un ritmo incalzante ed esplodendo quindi in un incendio nero di tutto rispetto; bellissimo il lavoro della batteria in questo preciso punto. Si rallenta e si accelera continuamente, creando un senso di disagio; la rabbia scoppia a più riprese andando ad ampliare questa sensazione che arriva a tenere sulle spine. Anche qui viene scelta la nostra lingua madre per una breve sezione in parlato, mentre chitarre oscure raggiungono le note più alte e disperate. Un brano splendido, da assaporare più volte.

La Voce” chiude l’album, dando un’inutile sensazione di dolcezza data la melodia che accompagna il ritorno della poesia di Pascoli già citata precedentemente. 

La strada scelta è sicuramente quella vincente, e anche se non ancora ben collaudata si sono toccate vette assolutamente meravigliose e degne di nota. “The Unavoidable” è in definitiva un album veramente molto bello, da ascoltare più volte.

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