“Darkness Of Eternity” è il settimo album di inediti dei finnici Amberian Dawn. Nati nel 2006, furono bravi a sfruttare il carrozzone di band Gothic/Symphonic con voce femminile.
Li conobbi nel 2009 a Milano, erano di supporto agli Epica, anch’essi poco conosciuti ai più, specie in Italia. Oggi, a distanza di otto anni, potremmo quasi parlare di una band, nei membri e nel genere, completamente diversa. La voce soprano di Heidi Parviainen è stata sostituita da quella più pop di Päivi “Capri” Virkkunen e i vari cambi di formazione han visto altre sei sostituzioni tra basso, chitarra e batteria. Una di queste, ci tengo molto a sottolinearlo, fu la sostituzione forzata di Tommi Kuri, venuto a mancare a cavallo tra il 2014 ed il 2015 dopo una lunga malattia che lo aveva costretto a lasciare la band nel 2010.
Il Gothic/Symphonic e voce lirica sono ormai diversi anni che non “tirano più”. Tranne qualche illustre eccezione, molte band erano diventate improvvisamente famose sfruttando quel periodo, salvo poi altrettanto velocemente tornare nel dimenticatoio una volta passata la “moda”. Gli Amberian Dawn hanno provato a rimanere sulla cresta dell’onda evolvendosi e provando a percorrere nuove strade. Da qui la decisione di allontanare Heidi e sostituirla con Capri: da una voce lirica ad un’altra più aggressiva con sfumature pop/rock.
La Napalm ce li presenta ancora come Symphonic Metal, ma onestamente c’è poco symphonic (forse solo nella traccia conclusiva) ed anche il metal fa il guest star piuttosto che il protagonista. La tendenza oggi è fare a gara a chi usa le orchestrazioni più “pompose”, più epiche, più massicce, mentre loro hanno scelto la strada opposta, non puntare sull’epicità di certi suoni bensì cercare di essere più melodici, più immediati, con riff leggeri, assoli apprezzabili e ritornelli che rimangono in testa.
Entriamo nel dettaglio di questo “Darkness Of Eternity“: la traccia d’apertura “I’m the One” è anche il singolo di lancio scelto dai finnici: riff potenti, ritmo incalzante, voce aggressiva, un pezzo ben riuscito. Il classico singolo, melodico, orecchiabile, in perfetto stile Amberian Dawn post Heidi. “Sky Is Falling” ci sorprende fin dalle prime note, le tastiere richiamano gli anni ’80, il metal è messo da parte e sembrano forti le influenze disco-music di quegli anni, con accenni di ABBA. In “Dragonflies” i potenti riff di chitarra con spruzzate di Power tornano a fare la voce grossa, ma vengono subito riaccantonati in “Maybe“, ancora con tastiere anni ’80 ed un ritmo più vicino alla disco-music che al metal. “Golden Coins” ricorda i “soliti” Amberian Dawn, ma senza convincermi troppo; ILuna My Darling” è una poesia in pieno stile gothic sia nei testi che nelle melodie proposte, l’atmosfera è decadente ma il ritornello coinvolge ed è molto pregevole l’assolo di chitarra. Forse il pezzo migliore di questo lavoro.
“Abyss” parte con un ritmo forsennato ma scorre senza dare particolari sussulti. “Ghostwoman” è un mid-tempo con sonorità asiatiche che sfociano in un sontuoso assolo di chitarra, mentre “Breathe Again” è introdotta da un duetto voce-tastiera per poi perdere qualcosa con l’ingresso degli altri strumenti, che sembrano quasi rovinare la delicata e soave atmosfera. L’album si chiude con la title-track, che è la continuazione di “The Witchcraft” del precedente lavoro “Innuendo”, un componimento sinfonico emozionante e davvero ben riuscito.
Difficile dare un giudizio finale a questo lavoro. Sicuramente gli Amberian Dawn stanno cercando di evolversi, ma la sensazione è che nemmeno loro hanno ben chiara la direzione da prendere o non hanno voluto prendersi il rischio di osare totalmente. I pezzi non sembrano legare tra loro, il continuo cambiamento di ritmo e sonorità destabilizza. Hanno inserito qua e là influenze prese dalla disco-music anni ’80, ma senza dare una continuità, spruzzate che non convincono pienamente. Anche i pezzi più classici, più attinenti al loro stile, sono deboli, paiono quasi dei riempitivi. “Darkness Of Eternity” dà l’impressione di un gigantesco “vorrei ma non posso”: gli spunti interessanti ci sono, ma questo non può che sembrarci un lavoro interlocutorio, in attesa di capire cosa “vogliono fare da grandi”. La soluzione sarà come la precedente, con un cambio di cantante per rinnovarsi e far parlare ancora di sé, oppure proveranno a osare davvero, in maniera più completa e convincente? Ai posteri l’ardua sentenza.