Se si parla di doom metal e di Inghilterra, più precisamente di Birmingham, molte persone penserebbero ai Black Sabbath, celebre band inglese che vanta una grande influenza nella storia dell’heavy metal, ma anche del doom.
Quest’oggi però, non si parla di loro, bensì di una realtà che si avvicina vagamente ad Ozzy Osbourne e soci, quella degli Alunah, quartetto del West Midlands con all’attivo quattro album, usciti tra il 2010, anno nel quale è stato rilasciato “Call of Avernus“, disco di debutto, e il 17 marzo 2017, giornata che ha visto la pubblicazione della loro ultima fatica, “Solennial“. Il gruppo è composto da: Sophie Day alla voce e chitarra, David Day alla chitarra, Dan Burchmore al basso e Jake Mason alla batteria.
Il disco apre con “The Dying Soil“, intro dall’andatura lenta, seguita a ruota da “Light of Winter“, brano tra i migliori del lotto e che comincia a proiettarci nel sound caratteristico degli Alunah.
Ritmi lenti, scanditi da una batteria precisa, con riff di chitarra particolarmente adatti per il genere e che riportano dritti negli anni ’80; il tutto accompagnato dalla voce della Day, decisamente adatta alle composizioni.
Le canzoni successive risultano tutte valide e sullo stesso livello, pur facendo ognuna storia a sé, e variano tra “The Reckoning of Time“, la quale, dopo un inizio adagio, si rivela un brano accattivante nei due minuti e mezzo finali; “The Fire Of Thornborough Henge”, che accentua il salto nel passato ricercato volutamente nelle composizioni; e “A Forest“, pezzo di chiusura e cover interessante dei The Cure.
Il paragone inizialmente fatto con i Black Sabbath è chiaramente da prendere con le pinze, ma non troppo, in quanto gli Alunah con questo disco convincono sulle loro capacità e rimarcano i discreti risultati raggiunti in precedenza.
“Solennial” quindi, è consigliato ai nostalgici delle sonorità heavy/doom metal anni ’70/80.
ALUNAH – Solennial
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