Oggi voglio iniziare questa recensione con un breve racconto. Immaginate per un attimo due famiglie, divise tra di loro solo dalle calde ed accoglienti mura domestiche. In una delle due vive un ragazzino che sta appena iniziando a vivere il mondo della musica, con quelle canzonette che passavano un tempo in radio e le svariate boyband, mentre nell’altra troviamo un grande appassionato di metal che passava le giornate in una stanza col volume delle casse a manetta, ascoltando gruppi come Cannibal Corpse e Deicide.
Quel ragazzino, cari amici lettori, ero proprio io.
Mi sono appassionato fin da subito a questa musica potente ed adrenalinica, che rappresentava uno sfogo e una via di fuga dal resto del mondo. Ne ho seguito l’evoluzione, fino al giorno d’oggi, dove ho trovato il modo per esprimere al meglio questa mia grande passione. Mettetevi comodi, lo spettacolo oggi si vive davanti alle transenne, nel mezzo alla folla, col sudore che impregna la fronte e le grida che arrivano dal palco. Perchè anche durante un periodo come questo, dove siamo costretti tra le mura domestiche, la musica può farci sognare.
Melbourne, 5 marzo 2020. Tra canti angelici e growl animaleschi, Tatiana Shmailyuk ci mostra di che pasta sono fatti i suoi Jinjer. Figli di una nuova corrente metal chiamata “Djent”, questa band ci da fin da subito le linee guida per comprenderla a pieno: potenza, tecnica e distruzione totale sono soltanto alcuni esempi. Ma andiamo con ordine.
Questo “Alive In Melbourne” ripropone le tracce più significative della band, mettendo in mostra anche le grandi qualità che ogni singolo componente ha da offrire: la chitarra di Roman Ibramkhalilov sforna riff sempre interessanti e di grande impatto, come dimostrano la bellissima “Retrospection”, che resta la mia preferita della band, oppure “Sit Stay Roll Over”, vero e proprio monolite musicale. Il basso di Eugene Abdiukhanov crea una parete sonora intorno ad ogni brano quasi palpabile, il tutto sorretto da una sezione ritmica da far venire i brividi, capitanata da Vladislav Ulasevich.
Tracce come “Teacher, Teacher“, “I Speak Astronomy” e la potentissima “Who Is Gonna Be The One” aggrediscono l’ascoltatore direttamente dai primi minuti d’ascolto, creando così le condizioni ideali per poghi ed headbanging scatenati. Ma i Jinjer hanno un altro coniglio nel cilindro da farci scoprire; basti ascoltare la splendida “Pisces”, dove la voce di Tatiana da il meglio di sé nei momenti di vocal clean, facendoci volare in un mondo quasi fantastico, prima di esplodere nel suo solito grido assalitore.
Tirando le somme, se collochiamo i Jinjer nel panorama delle band di nuova generazione, direi che il risultato è più che soddisfacente. Lasciatevi dunque trasportare da questa esperienza live, ma sdraiati comodamente sul vostro letto.
Un giorno saremo di nuovo lì, tutti insieme, a godere della nostra musica, al grido inarrestabile di “Long Live Heavy Metal”