Son tornati gli Esoteric, e per gli amanti del doom metal più logorante e dai tempi più dilatati, il settimo disco della loro carriera è uno dei lavori più attesi di questa annata. Sette, come gli anni di attesa che l’hanno preceduto; non era mai passato così tanto tempo tra un lavoro e il suo successore per la band da Birmingham, e questo fattore fa salire ulteriormente la curiosità che circonda quest’imponente opera. Le grandi aspettative che gravavano sul disco, diciamocelo già in partenza, sono state rispettate dal quintetto, capace di produrre un altro lavoro profondo e introspettivo che li riconferma tra i nomi più in voga della scena funeral doom.
“A Pyrrhic Existence” è un monumento, un’opera angosciante e imponente che non lascia scampo. Stiamo trattando un album che sicuramente non è facile da assimilare, per le caratteristiche del genere ma anche per la sua notevole durata, che si avvicina all’ora e quaranta considerando entrambi i dischi in cui è diviso, ma chi è già pratico e consapevole dell’atmosfera creata dagli inglesi saprà coglierne il valore.
L’introduzione al lavoro ce la dà “Descent”, brano che è anche il più lungo del complesso con la sua durata vicina alla mezz’ora. In un lasso di tempo che per altri generi potrebbe rappresentare la durata di un intero disco, i Nostri palesano le loro capacità compositive, mettendo in mostra varie componentistiche che rappresentano la loro musica e verranno riprese nuovamente col proseguire dell’ascolto. Troviamo gli immancabili riff monolitici, che uniti al cantato rinchiudono in uno scenario in cui regnano sofferenza e inquietudine. Tutto rallenta, ascoltando le note degli Esoteric, segue la loro musica, e un vuoto incombe. Vuoto che, anche nei momenti in cui prevale il lato più irruento e aggressivo della proposta, vicino al death metal, non si eclissa, bensì diventa ancor più prorompente.
Si può comunque riprender fiato, le parti in clean che lasciano spazio a un senso etereo molto velato e marginale son presenti e collegate egregiamente nel contesto, in quanto non fanno disperdere l’attenzione dell’ascoltatore. “A Pyrrhic Existence” è un disco che trafigge, trasporta, racchiudendo ciò che solitamente il genere cerca di esprimere e esternandolo in tutta la sua grinta.
Alla poliedricità della suddetta opener segue “Rotting in Dereliction”, che lascia maggiore spazio ai frangenti più diretti, per poi sfumare lentamente legandosi con “Antim Yatra”. Quest’ultimo pezzo si può considerare come un semplice intermezzo strumentale tra le due parti di questa produzione, che mantiene l’area evocativa degli altri brani.
Parlando del secondo disco che va a formare il lavoro, si nota come lo spazio dedicato ai vari frangenti vicini al death metal sia sempre più marginale, in evidenza solo in alcuni passaggi di “Culmination”. I tempi lenti dominano sul resto, accompagnati dall’immancabile senso di desolazione, che rimane una costante sia nei momenti più laceranti che in quelli ipnotici. Non troviamo nessuna novità in queste ultime tre canzoni, ma la qualità non osa mai calare, e se gli Esoteric sono tra i migliori esponenti della scena funeral doom internazionale, senza dimenticarci del ruolo rimarchevole che hanno avuto per la crescita del genere, certamente non abbiamo di che stupirci.
La profondità di questo lavoro tocca a fondo fin dal primo impatto che ha sull’ascoltatore, e la sua ragguardevole durata non va a influire negativamente sul prodotto. Ci si mette poco a entrare nello scenario creato dagli Esoteric, lugubre e tetro, e per quanto segua le caratteristiche tipiche del genere la formazione inglese riesce ad apparire sempre in forma e a colpire con la sua visione del funeral doom.
Ci son voluti sette anni per poter accogliere questo disco e l’attesa è stata decisamente ripagata, con il tocco del gruppo che non finisce mai di stupire e di attrarre con le sue atmosfere piene di elementi anche dal punto di vista emotivo.