Pensando al thrash metal, sono sicura che molti di noi vadano inevitabilmente ai grandi gruppi degli anni ’80 come Slayer, Exodus, Megadeth & co. E quando si parla di gruppi del genere, sappiamo bene che è difficile confonderli tra loro: ognuna di queste grandi band ha un proprio stile peculiare, una sorta di firma musicale che viene loro automaticamente associata quando si ascoltano i loro pezzi. Ottima cosa sicuramente avere un proprio stile personale, ma così si rischia di cadere un po’ nel banale, nello scontato. La tal band fa uscire un nuovo album? So già cosa aspettarmi. Ed in un genere longevo come il thrash questo succede ahimè molto spesso, anche con band di grosso calibro, rischiando di rendere la propria intera discografia una sorta di minestrone riscaldato.
Non è questo il caso di “Weapons Of Tomorrow”, sesto album dei californiani Warbringer, i quali riescono qui a mixare al loro thrash numerose altre influenze musicali. L’opener “Firepower Kills”, dai toni decisamente thrash, lascia subito il passo ad un’evidente contaminazione death metal in “The Black Hand Reaches Out” e “Crushed Beneath The Tracks”.
L’intreccio thrash-death abbinato ad una ritmica ad alta velocità la fa da padrone per quasi tutto l’album, anche se i brani che più colpiscono all’ascolto penso siano di tutt’altro registro musicale. “Defiance of Fate”, una sorta di ballad, e “Heart of Darkness”, dalle influenze decisamente black, spiccano con la loro atmosfera cupa e soprattutto per la prima citata quasi malinconica, caratteristiche che si riflettono appieno nelle loro lyrics.
Così come nell’opening, anche l’ultima traccia di “Weapons Of Tomorrow” sprizza thrash da ogni dove, un brano esplosivo il cui titolo “Glorious End” è più che mai azzeccato.
Ora, io sono tutt’altro che una cultrice del thrash metal, ma penso di poter affermare che con questo lavoro i Warbringer abbiano decisamente alzato l’asticella dello standard per questo genere musicale, creando un album con un ottimo intreccio di stili musicali diversi, assolutamente piacevole e scorrevole all’ascolto; insomma una gran ventata di aria fresca e modernità per un genere musicale troppo spesso incatenato allo stile del passato.