Dal nulla emerge Vástígr, una one-man band basata a Vienna e ideata dal mastermind Þ. Questo primo album, dal titolo “Aura Aeternitatis”, ha avuto ben due anni di gestazione e il risultato del lavoro di Þ con i musicisti islandesi Kjartan Harðarson, alla batteria, e Kristján Jóhann Júlíusson, al basso (entrambi militanti nei Cult Of Lilith), ha portato anche alla formazione che si esibisce sul palco. Ideatore di un atmospheric black metal con i fiocchi e a volte imprevedibile, andiamo ad analizzare che cosa ci troviamo davanti.
L’album dura quarantasei minuti, suddivisi in cinque canzoni dalla durata minima di sei minuti alla massima di undici. La prima cosa che salta all’orecchio è una composizione dissonante, oltre che un growl diabolico e misterioso. “Til alle veienes onde” infatti ci accoglie così, intrisa di momenti più melodici e black metal puro tinteggiato di sfumature più chiare ma non meno inquietanti. La sezione atmosferica centrale è sinistra ma delicatissima grazie ad una dolcissima chitarra, che sfuma in una melodia quasi introspettiva.
Segue “Ouroboros”, dall’introduzione ipnotica e melodica. Si tinge di una profonda malinconia non appena il brano prende forza; è da sottolineare il meraviglioso lavoro di batteria, che si trasforma in assoluta protagonista dell’intero brano. A metà si permette del respiro, dove la chitarra riprende il suo ruolo centrale e i tempi rallentano, prima di una bellissima sezione dall’headbang assicurato. C’è dello spazio anche per un paio di cori quasi ritualistici, prima di un altro momento di calma in cui un leggiadro assolo porta alla conclusione. Prima meravigliosa gemma dell’album, veramente splendida.
Con “The Mountain Spirit” entriamo nel vivo di “Aura Aeternitatis” con un brano spettacolare e imprevedibile, sin dalla particolare introduzione ricca di assonanze e in timido mid-tempo; ne segue un bellissimo riff difficilmente descrivibile, da godersi solamente con l’ascolto. Il brano si fa frenetico, interrompendosi alla sprovvista e anche qui mettendo in mostra una batteria egregia; riparte in quarta, fra cambi di velocità e una miriade di sentimenti e atmosfere differenti, dalla rabbia pura all’inquietudine alla malinconia. L’introspettivo finale cinge un’esperienza di ascolto assolutamente indescrivibile e uno dei momenti più alti dell’album. Letteralmente: da ascoltare per credere.
“The Burden Of Knowledge” non è da meno: leggiadrissima nell’intro, si appesantisce quasi immediatamente mantenendo questa caratteristica nel suo svolgimento, a specchio del titolo. L’incendio nero che ne scaturisce è da headbang naturale, interrotto solamente da un’inquietante sezione atmosferica che dà quindi vita ad un lungo settore di cui la chitarra ne è assoluta protagonista. Furia black metal e momenti più calmi ma non meno pesanti si susseguono, fino al finale spettacolare che porta l’intera composizione a livello del capolavoro.
Gli undici minuti conclusivi di “Aurora Borealis” si presentano malinconici, a dipingere con colori freddi la meraviglia dell’aurora boreale. Acquisita della rabbia, il brano passa volentieri alla violenza del black per poi tornare ad una calma furiosa, sfiorando le vette dell’epic verso l’avvicinarsi della metà brano. L’ipnotica sezione centrale sembra quasi voler disorientare, prima di tornare sui binari corretti in un’esplosione nerissima e accompagnata da un breve assolo. Un breve attimo di respiro dalla violenza sembra citare certi indimenticabili Agalloch, ma solo per un breve istante; l’atmosfera che si viene a creare è di una cauta leggerezza. La lunga conclusione si tinge di inquietudine, aiutata da bisbigli infernali e una solitaria chitarra.
Veramente un ottimo inizio per una band spuntata letteralmente dal nulla: si capisce come mai il lavoro su quest’album sia durato così tanto, considerata l’ottima produzione o comunque l’egregia composizione dai brani. Album da non perdere, da ascoltare con attenzione e più volte per non perdere tutti i piccoli dettagli di cui è composto. Un ottimo lavoro!