I Throaat muovono i primi passi a New York nel 2013, facendosi conoscere velocemente pubblicando un demo, uno split e tre EP nei primi anni di attività, promuovendo così il loro Black Metal con nette influenze Thrash e confermando come i due generi siano stilisticamente vicini e facilmente combinabili tra loro.
“Reflections in Darkness” è il loro primo album, composto da nove tracce dalla durata media di circa quattro minuti, e arriva dopo dei cambi di lineup che hanno portato allo stabilirsi di una formazione a due membri, i quali si fanno chiamare Impurifier Vilethroaat e Revelation of Doom.
“Burning the Ice” presenta la loro proposta musicale tramite un riffing vario e veloce, un cantato dallo scream gelido e delle tastiere che, pur venendo chiamate in causa solo sporadicamente, riescono ad aggiungere un tocco oscuro ed enigmatico al tutto. Proseguendo con l’ascolto si può notare l’aggiunta di ritmiche più lente e decadenti, come nella lunga “Radiation“, specialmente dopo il secondo minuto.
Ciò dimostra anche le capacità dei Nostri nell’evitare di continuare per tutta la lunghezza del disco su un’unica via e la loro predisposizione a implementare nei vari pezzi un minimo di varietà, al fine di non annoiare l’ascoltatore.
“The Bells of Newcastle upon Tyne” sottolinea nuovamente l’ottimo lavoro delle tastiere, in grado di creare un’atmosfera arcana attorno al brano, alimentata dal lavoro della chitarra, abile nel differenziarsi nei vari riff proposti. Arriviamo all’epilogo dell’album con i tre pezzi più brevi del complesso, ovvero le due parti di “Tormentia” e “Impaler’s Night“, che non riescono a convincere come le precedenti, risultando meno ispirate e più prevedibili, andando a influenzare negativamente il giudizio positivo che il disco si era creato finora.
Nonostante il passo falso nel finale, “Reflections in Darkness” è un buon disco che mostra il potenziale dei Throaat, e soddisfa per essere il primo disco dei due americani, i quali hanno il potenziale per migliorarsi col tempo.