Esordiscono i The Giant Baba con un EP intitolato “Homecoming“, uscito dopo meno di due anni dalla formazione del gruppo. Formato da due chitarre e una batteria si tratta, quindi, di un lavoro strumentale. Le influenze e i generi amalgamati si sprecano, passando al post rock, al djent e al psychedelic progressive, i suoni utilizzati spaziano dai Pink Floyd ai Volumes, passando da ritmiche “normali” a parti sincopate degne dei Meshuggah, e i tecnicismi strumentali sono molti e non messi giusto per riempire le canzoni. Si tratta di un EP leggero da ascoltare, anche grazie al fatto che ci sono 5 pezzi di una durata che va dai 3 ai 6 minuti scarsi, per una durata complessiva di circa 21 minuti.
Tra le canzoni rilevanti:
- “Djentleman“: secondo pezzo. Come si intuisce dal gioco di parole nel titolo, si tratta di un brano che gioca su ritmi sincopati tecnici, soprattutto da parte della sezione ritmica, mentre la chitarra solista e gli effetti esterni ricamano sopra melodie particolari e assoli virtuosi, creando un’atmosfera cupa da post rock, caratteristico da sogno futuristico, come un fantasioso incrocio tra i Mechina e i Fallujah. Non il miglior pezzo, che se lo aggiudica la title-track, ma sono comunque 4 minuti e mezzo interessanti da sentire e rappresentativi del gruppo.
Essendo un lavoro di debutto non si può paragonare con altre opere, ma quello che si percepisce, anche dai neofiti della musica, è una cura nella composizione, nella scelta dei suoni e nella tecnica di esecuzione. I componenti sono insegnanti di musica o comunque professionisti affermati in campo musicale, e una proposta con una miscela di stili così tecnica e orecchiabile, oltre a essere completamente strumentale, è particolarmente interessante e metterà d’accordo ascoltatori proveniente da più generi musicali.