Il 2016 sta regalando grandi soddisfazioni ai fan del thrash metal. Tutti i grandi nomi della scena, infatti, hanno rilasciato album di alta qualità e potevano dunque essere da meno i Testament? La risposta è no. La band guidata dal carismatico Chuck Billy era attesa al varco, ma non ha deluso le aspettative che si erano venute a creare da quando questo “Brotherhood Of The Snake” è stato annunciato. Questa nuova raccolta di inediti della band americana si posiziona senza problemi tra i migliori capitoli del gruppo e si dimostra spanne sopra al precedente “Dark Roots Of The Earth” che convinceva solamente nella prima parte poiché gli ultimi brani evidenziavano un calo della qualità abbastanza netto. “Brotherhood Of The Snake” invece non ha punti deboli e suona estremamente aggressivo: sebbene sia stato composto quasi solo da Eric Peterson il disco si dimostra piuttosto variegato alternando pezzi più violenti come la buona “The Number Game” a pezzi più heavy come “Born In A Rut“. Prima di parlare in senso stretto di musica è necessario spendere due parole sul concept dietro al disco, poiché l’intero lavoro è basato dal punto di visto lirico su un’ipotetica fratellanza che comanda il mondo e che ovviamente influenza il corso della storia e la società stessa.
Musicalmente parlando il disco invece si dimostra inattaccabile, totalmente solido e ha il pregio di mettere assieme tutti i volti dei Testament, da quello più heavy e catchy con la già citata “Born In A Rut“, passando per quello più aggressivo con la titletrack o “Stronghold“. Il sottoscritto ha sempre visto Eric Peterson come l’anima più estrema dei Testament, mentre Alex Skolnick come quella più melodica. Nonostante il disco sia stato composto quasi solo dal primo, la melodia non manca e dimostra la versatilità di Peterson dal punto di vista compositivo; emblematica in questo senso “Neptune’s Spear” dove le parti soliste sono ben fatte e si dimostrano fondamentali per la riuscita del brano. L’unico brano che suona meno ispirato degli altri è “Black Jack“, poiché non ha nulla che lo renda memorabile, ma non va considerato un filler.
“Brotherhood Of The Snake” si rivela dunque una delle migliori prove in studio dei Testament e si prende a mani basse il titolo di “album dell’anno”. Questa volta i Nostri hanno fatto centro offrendo ai fan un album completo e curato sotto ogni punto di vista e che cresce continuamente con gli ascolti. Da segnalare vi è anche la produzione che si dimostra compatta e riesce a dare un valore aggiunto ai brani, trasmettendo l’energia e l’impegno che la band ha messo in questo album.