Temperance, Giove e le Lune: cosa può accomunare questi elementi, appartenenti a due campi semantici completamente antitetici e diversi? Rivoluzione. Come i pianeti e i satelliti compiono un moto di rivoluzione intorno a un corpo celeste, i Temperance compiono il primo ciclo di rivoluzione: dopo 3 anni e 4 album, la cantante Chiara Tricarico esce dalla band e a rimpiazzarla non arriva un/a nuovo/a cantante, ma ben due. Al posto della rossocrinita Chiara, entrano nell’organico Alessia Scolletti e Michele Guaitoli (Kaledon, Overtures), oltre al nuovo batterista Alfonso Micerino (già presente sul live album Maschere). La rivoluzione viene completata dal nuovo percorso musicale: il Melodic Metal degli scorsi album, che si stava fondendo con il Progressive nell’ultimo “The Earth Embraces Us All”, abbraccia ora più che mai il Symphonic Metal di Nightwish e Within Temptation, miscelandolo con altre influenze che andremo a scoprire nel corso della recensione.
“The Last Hope in A World of Hopes” apre le danze di “Of Jupiter and Moons”, e la partenza è di quelle col botto. La prima parte è un vero ottovolante sonoro: dopo l’introduzione di archi, i ritmi rallentano presentando le due nuove voci della band, a cui segue una sfuriata di ispirazione Thrash Metal prima che la voce di Alessia prenda le redini della canzone, che si articola su binari Symphonic Metal. Il timbro della neo entrata è completamente diverso da colei che l’ha preceduta: se Chiara era di matrice lirica e faceva ampio uso del registro misto, Alessia riempie la canzone con la sua voce piena, prediligendo un timbro di stampo “Hard Rock” che modella le canzoni a suo piacimento, ma non disdegnando acuti degni di nota. Un esempio di ciò è “The Art Of Believing”, interamente cantata da Alessia e che è probabilmente è uno degli highlights dell’album: la sua voce si fonde magnificamente con l’imponente componente orchestrale della canzone, che si articola in un crescendo musicale ma soprattutto vocale. La cantante, dal primo ritornello, parte da tonalità basse che poi sfociano in una parte centrale Hard Rock che a primo ascolto spiazza; ma questo stupore viene spazzato via dall’ultima parte letteralmente da brividi, dove la voce di Alessia e le orchestrazioni raggiungono livelli altissimi, di qualità e di emozione. Chiamatelo pure Symphonic Hard Rock, ma suonato e cantato dannatamente bene. Acuti che ritroviamo pure nell’ultima parte della title-track, di chiara matrice nightwishiana e probabilmente un po’ canonica come traccia che dà il nome all’album; si poteva osare un po’ di più in questa canzone, sfruttando pure la voce del chitarrista Marco Pastorino, ma i Temperance si mantengono su buoni livelli. “We Are Free” e “Broken Promises” sono le due tracce che, insieme alla title-track, possiedono l’aura di singoli (e la seconda lo è): dirette, pompose, aggressive (in “We Are Free” ritroviamo reminiscenze Thrash metal presenti anche nell’opener), svolgono appieno il loro dovere. Nulla di trascendentale, ma dal vivo sapranno di certo farsi apprezzare!
Come avete avuto modo di leggere (e presto di ascoltare), Alessia sa orientarsi alla perfezione nelle canzone più tirate ed aggressive, mentre quando il ritmo cala e rallenta/si appesantisce è Michele Guaitoli a prendersi (meritatamente) la scena: “Alive Again” (la controparte maschile di “The Art Of Believing”) e la ballad “Everything That I Am” portano inconfondibilmente il suo marchio e il suo timbro, donando nuove sfaccettature all’album. Capitolo a parte per la conclusiva “The Daruma’s Eyes”, che esula in parte dalle tinte Symphonic in cui è stato immerso l’album per ripercorrere in parte i sentieri progressive intrapresi nell’ultimo “The Earth Embraces Us All”, miscelandoli con il nuovo corso musicale della band. Purtroppo non sono i primi a farlo e la sensazione di già sentito è presente nell’ascolto, ma musicalmente è ineccepibile la bravura con cui è stata composta la canzone e le due voci donano quel tocco in più che la fa uscire dalla norma.
Episodio a parte è pure “Empires And Men”, dove chitarra, basso e batteria si concedono una pausa ed a parlare sono le calde voci di Alessia e Michele: a turno si scambiano vicendevolmente i ruoli, confermando ancora una volta come la loro accoppiata sia una vera e propria sinergia, completandosi a vicenda.
Vocalmente di altissimo livello, musicalmente ottimo, prodotto ancora meglio, “Of Jupiter And Moons” non presenta passi falsi: il disco fa della media del livello delle canzoni il suo punto forte, con alcuni picchi come l’opener e la già citata “The Art Of Believing” (personalmente, insieme ad “Advice For A Caterpillar” -contenuta nell’ultimo album- la miglior canzone mai composta dalla band). Menzioni d’onore per la prova alla batteria di Alfonso Micerino, vero valore aggiunto di quest’album con il suo incidere e la sua varietà stilistica e per Alessia Scolletti: se già Michele aveva avuto modo di farsi conoscere con i Kaledon e gli Overtures, Alessia ha stupito tutti al suo primo appuntamento importante della carriera, timbrando il cartellino con una prova maiuscola. Si sarebbe potuto osare di più in alcune canzoni, esplorando ancora più a fondo il Progressive Metal, ma i Temperance hanno dimostrato ormai di essere una realtà affermata, di mantenere un proprio stile aggiungendo ogni volta qualcosa di diverso alla loro proposta. Un detto recita “Squadra che vince non si cambia”: i Temperance hanno dimostrato che i proverbi (spesso) lasciano il tempo che trovano!