Per chi scrive, quest’album ha suscitato non pochi sentimenti contraddittori fra loro. I Subtype Zero, conosciuti come Cringe prima di una disputa legale che li ha costretti a cambiare nome, propongono nel loro debut album, “The Astral Awakening“, dell’old school thrash metal che in effetti sembra uscire proprio dagli anni d’oro del sottogenere, e da qui nascono varie riflessioni.
Per inciso: sì, il prodotto è un vero disco thrash senza orpelli e fronzoli, dritto al punto e perfetto sicuramente in ambito live per chi vuole dedicarsi a del sano pogo o mosh, ma alcuni dettagli non passano affatto inosservati. Il cantante Hector Rivera, ad esempio, ha un timbro vocale che ricorda veramente molto il più viscerale Tom Araya, e moltissimi riff e soluzioni melodiche richiamano gli Slayer nella maniera più assoluta. A questo punto sorge spontanea la domanda: fino a che punto si può creare un vero album old school thrash senza imitare sonorità che si possono ritrovare in un album degli Slayer o degli Exodus? E sì, è certamente vero che i “vincoli di genere” sono ben definiti e non possono mancare se si vuole suonare un certo tipo di metal; però quando si vuole scrivere poi una recensione di un album che si propone essere tutto quello che il thrash non ci dà più, gli elementi da tenere in considerazione sono comunque veramente molteplici. Uno su tutti, che alla fine della fiera la maggior parte di ciò che si ascolta risulta familiare o già sentito.
Premesso tutto questo, non risulta quindi facile stilare la descrizione delle canzoni: l’album comincia con “Blinded By Light“, caratterizzata da un’introduzione melodica e lenta. Dopo una brevissima interruzione c’è la vera partenza con le chitarre a tutto gas; già qui i riff suonano per la gran parte familiari. Le seguenti quattro canzoni si susseguono immediate una dopo l’altra: “Shrouded Mestasis” continua in piena potenza, anch’essa ricorda qualcosa di sicuramente già ascoltato in altri album, particolarmente nella parte centrale. Un riff pazzesco e a tutta velocità introduce “Become Insane“, ma la formula risulta essere simile alle canzoni precedenti, amalgamandosi quindi al resto e non avendo nulla che la fa spiccare. “Unprecedented Salvation” prosegue alla stessa maniera, suonando esageratamente Slayer; subito dopo “Twisted Obsession” non cambia affatto le carte in tavola. È da precisare che con “Flash Famine” si è ormai a metà album e onestamente si inizia a sentire una certa pesantezza e ripetitività. Il rischio è quello di ascoltare quest’album in maniera distratta e che quindi queste canzoni scivolino addosso finendo per sembrare un’unica canzone di quattordici minuti (considerata la durata totale di circa mezz’ora). Passando direttamente a “The Astral Awakening“, finalmente si ha una boccata d’aria fresca: è una strumentale interessante che, seppur richiamando musica già ascoltata, almeno spezza l’album dando un po’ di varietà. Si riparte di cattiveria con “Sin Of The Innocent“, e quando inizia “Relentless Cleansing” la noia purtroppo è già ritornata. Un altro respiro è dato da “F.T.C.“, che onestamente suona molto come “The Call of Ktulu” dei Metallica, ma almeno interrompe la monotonia che caratterizza quest’album. Le ultime due canzoni, “Inhumane” e “Cerebral Cage“, non si discostano per niente dal resto dell’album; anzi, la seconda canzone fa anche uno scherzo interrompendosi circa a metà e illudendo l’ascoltatore della fine, ma riprende immediatamente richiamando alla pazienza.
Non rimane che cercare di tratte delle conclusioni. “The Astral Awakening” è un album fine a se stesso, che soddisferà i metallari perdutamente innamorati di quello che il thrash era e rappresentava negli anni ’80: non manca veramente niente, c’è velocità, potenza e cattiveria. Dubito soddisferà però tutti gli altri: se ci fosse stata più inventiva da parte della band, almeno cambiando il ritmo di alcune delle prime sei canzoni, il risultato ottenuto sarebbe risultato sicuramente più piacevole e scorrevole. Si capisce perfettamente il grande successo di questa band in sede live, però finisce per passare in versione studio come un tentativo di resurrezione sicuramente riuscito, ma molto noioso.