SONS OF APOLLO – MMXX

by Federico Siccardo

Dall’ottima iniziativa di Mike Portnoy e Derek Sherinian (rispettivamente ex batterista ed ex tastierista dei Dream Theater), desiderosi di suonare nuovamente assieme, nacquero nel gennaio 2017 i Sons Of Apollo: un progetto ambiziosissimo al quale si aggiunsero niente meno che il talentuoso cantante Jeff Scott Soto (ex Journey, Talisman e Malmsteen), il chitarrista Ron “Bumblefoot” Thal (attualmente impegnato anche negli Asia) e il bassista Billy Sheenhan (Mr.Big ed ex-David Lee Roth). Il gruppo debuttò lo stesso anno con l’album, “Psychotic Symphony”, il quale fu accolto positivamente dalla critica mondiale, combinando un virtuoso hard rock con ottime sonorità progressive metal, senza celare le rispettive e importanti provenienze di ogni membro della band. Dimostrarono di essere un super-gruppo assemblato in maniera coerente e funzionale, ancora in grado di sorprendere gli amanti del genere evitando di cadere nell’errore di ripetere in modo troppo evidente quanto già proposto in passato dalle loro formazioni.

Dal momento che i componenti del gruppo anche prima del progetto Sons of Apollo trovarono il modo di incontrarsi e suonare insieme, oggi l’attesa è quella di un lavoro ispirato e coeso ipotizzando lecitamente una maggiore chimica, maturata anche durante le ottantatrè date svolte nel tour mondiale di qualche anno fa.
Scopriamo subito se le aspettative sono state rispettate con questo “MMXX“, titolo in numeri romani che, omaggiando il nuovo decennio, ne battezza una delle prime prestigiose uscite.

Il ruolo di opener track viene assegnato a Goodbye Divinity”, singolo e video che già abbiamo avuto il piacere di ascoltare e guardare verso la fine dell’anno appena concluso tramite le numerose piattaforme streaming presenti sul web. Un brano che, dopo l’intro d’atmosfera dal retrogusto fantascientifico e psichedelico, rende difficile all’ascoltatore evitare di muovere anche solo che un arto del proprio corpo a tempo grazie all’ottimo drumming di Portnoy e alle tastiere impattanti di Sherinian.

Segue “Wither To Black” il pezzo più breve dell’intero disco, diretto con un ben strutturato assolo di Bumblefoot e con tastiere settantiane in chiave prog di ispirazione Deep Purple, con echi dal precedente album della band.
Asphyxiation” ha un sound bello pesante, caratterizzato da una prestazione vocale più ruvida di un Soto in versione “dark” con qualche scream in linea con l’evoluzione ritmica del brano, il tutto contornato dal basso fervidamente vivo di Sheenhan.

Viene il momento di “Desolate July”, omaggio commovente a David Z, bassista degli Adrenaline Mob, tragicamente scomparso durante un loro tour il 14 luglio 2017 a causa di un incidente stradale che causò anche la morte della tour manager Jane Train. Un dolore che si percepisce nella melodia del brano e grazie all’emotività espressa dalle sfumature vocali.

Intriga, in King Of Delusion”, l’apertura con un elaborato intro di pianoforte e il successivo risolvere la sfera musicale in un turbine strumentale arrivando ad un duetto ben riuscito di piano e batteria tra Sherinian e Portnoy.
Fall To Ascend” presenta un refrain che coinvolge al primo ascolto: ancora una volta le pelli di Portnoy non accennano a rallentare così come le corde della chitarra di Bumblefoot. Ritmi che non demordono nella seguente “Resurrection Day” in cui ogni membro della band riesce nuovamente a ritagliarsi un proprio spazio all’interno del brano lasciando una personale impronta senza uscire fuori dagli schemi in futili esagerazioni.

Giungiamo alla fine del secondo full-lenght dei Figli di Apollo con la gran suite di quasi sedici minuti (forse troppi) di “New World Today”.
Lascia perplessi la prolissità di un pezzo che inizialmente si fa fatica a comprendere e che poco convince anche se rimane nell’ambito della gradevolezza grazie a riff avvincenti, cambi di tempo e parti soliste che aggiustano il pathos generale. Una conclusione debole rispetto a quanto sentito nel corso dell’album.

Ad ogni modo la sostanza di certo non manca, “MMXX” è la conferma di quanto già anticipato ad inizio recensione: un prodotto molto ispirato di una super-band formata da professionisti con anni d’esperienza in grado di saper comporre melodie mai ovvie, sezioni ritmiche mai banali in un disco registrato e mixato con precisione chirurgica. Rispetto al debut-album, i Nostri riescono a mettere in atto una generale modernizzazione, guadagnando in fruibilità senza tradire l’intento artistico originale, il che rende coerente la scelta di un moniker non poco vanitoso e portante di una certa responsabilità: la divinità greca-romana della musica e dell’arte qual è Apollo.

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