Gli Slomatics sono un gruppo irlandese nato nel 2004, che si è fatto un nome a suon di tour nazionali e continentali. La loro è una sintesi di doom metal classico e sludge, con un risultato lento, cupo e pesante e una predilezione per effetti e distorsioni vintage, tratto tipico degli album e marchio di fabbrica della band. Batteria semplice, chitarre pesanti e distorte che fanno sia da supporto ma che danno anche spessore, coprendo anche la parte del basso con accordi semplici e lunghi, e una voce ovattata e profonda con tanto di eco. Un album liscio, omogeneo e pesante come la gravità e che come tale dilata, anche se solo soggettivamente, il tempo. Quella che potrebbe sembrare un’ora, soprattutto al primo ascolto, in realtà trattasi di 46 minuti abbondanti divisi in otto pezzi di una durata variabile tra i quattro e i nove minuti abbondanti.
Tra le canzoni rilevanti:
- “Gears of Despair“: prima canzone dell’album. Quasi dieci minut con fasi lente caratterizzate da chitarre gracchianti e onnipresenti e una voce lontana con un tono doom metal anni ’80. Se si dovesse riassumere l’album in una canzone questa sarebbe perfetta.
- “Organic Caverns II“: ultimo pezzo. A chiudere il tutto un’altra canzone lunga (oltre sette minuti), più grintosa e nel contempo melodica delle altre, tale da essere inconfondibile. Uno dei pezzi che più risente delle influenze doom anni ’80, integrato perfettamente con la componente sludge che rimane prevalente.
Rispetto agli album precedenti non ci sono stati molti cambiamenti, se non un incupimento delle canzoni e un rilassamento delle chitarre con accordi più lunghi, dando più spazio alla voce che infatti in questo album, più che nei primi dove non si sentiva quasi, ha un ruolo da protagonista e non relegato al livello di effetto esterno. Sono andati persi un po’ di groove e accorgimenti orecchiabili, come effetti più nitidi, ma rimane un prodotto di buon livello. Un album tosto e da sentire tutto d’un fiato, anche se per i neofiti potrebbe sembrare difficile.