Il mio pensiero riguardo i Sinister è molto chiaro: ottimi nei primi dischi, pessimi negli ultimi. A parte qualche uscita meritevole come “Afterburner” dell’ormai lontano 2006, poche altre sono le cose che i nostri hanno azzeccato da dopo il 2000. Potremmo dire che la band è andata in una crisi compositiva, e che andava avanti soltanto per inerzia grazie al temerario Aad Kloosterwaard che mantiene in vita la band sin dal 1988. Il gruppo si stava lentamente riprendendo da quella battuta d’arresto che nel 2003 li portò allo scioglimento temporaneo, ma passano gli anni ed il quadro non diventa positivo, riflette una band stagnante che nonostante la sua produttività (attualmente siamo al quattordicesimo album in studio) fatica a rimettersi in marcia e sforna album su album con continui cambi di formazione che non vedono nemmeno lontanamente l’ottima qualità dei primi tre capolavori.
L’ultimo lavoro “Syncretism” per molti è stato una rivelazione, un disco che rimetteva il gruppo in carreggiata e che faceva tornare in auge il loro nome. Per me invece non è stato così: stessi problemi dei dischi prima ed il fatto che avesse una piega più sinfonica non ha di certo migliorato il songwriting che di base è rimasto poco ispirato. Io dico invece che il nuovo album “Deformation of the Holy Realm”, uscito il 29 maggio per Massacre Records, rappresenterebbe un ottimo rilancio per i Sinister. L’album è scritto interamente a quattro mani da Ghislain van der Stel e Toep Duin, rispettivamente bassista e batterista. Ci tengo ad elogiare questi due musicisti perché per la prima volta dopo non so quanti anni i Sinister sono finalmente riusciti a fare un album che si ascolta di buon grado. Tramite questi dieci brani sono riusciti a risolvere gran parte dei problemi che attanagliavano le ultime uscite della band. La costruzione dei pezzi funziona proprio perché contengono riff accattivanti, con quel minimo di personalità che basta a non annoiare l’ascoltatore. Oltretutto l’album si mantiene su buoni livelli qualitativi per tutta la durata, non ha né cali assurdi né punti in cui spicca vistosamente, semplicemente è equilibrato, compatto. Anche la componente sinfonica che in “Syncretism” aveva fatto storcere un po’ il naso qui è più contenuta. Ci sono sempre dei cori di troppo messi in mezzo alle canzoni di cui onestamente si poteva fare anche a meno, dato che passano abbastanza inosservati. I sinfonicismi invece funzionano meglio negli intermezzi, nei momenti di transizione tra le canzoni, danno una ricchezza in più all’album e sono stati utilizzati in modo diverso rispetto a “Syncretism” in cui erano davvero troppo invadenti. Se ad esempio prendiamo una canzone come “Suffering from Immortal Death” che è tra le migliori, ha sì un’intro sinfonica ma poi si sviluppa in mezzo a riff death metal belli possenti.
La riuscita di “Deformation of the Holy Realm” è data fondamentalmente da un songwriting più ispirato del solito. Anche perché c’è da dire che i Sinister al di là dell’importanza storica che hanno, visto che sono una delle principali death metal band olandesi, ad oggi rimangono una band nella media, senza nessuna dote particolare che li elevi a gruppo imprescindibile per il death metal. Ma, per chi segue il gruppo da anni magari, quest’album senza dubbio può rappresentare una bella sorpresa a fronte dei vari dischi mediocri che l’hanno preceduto. Direi che ormai risulta pretenzioso aspettarsi dai Sinister un altro capolavoro come “Hate” del 1995, ma penso che quest’album possa soddisfare comunque i palati di molti. È stato una bella sorpresa.