I Silverbones hanno rilasciato il loro album a distanza di due anni dalla loro demo di debutto da cui hanno preso il terzo pezzo. La band nasce nel 2013 a Conegliano (TV) e in tre anni si sono fatti un nome in Italia e all’estero facendo un tour nell’est Europa lo scorso anno. Il mixaggio è fatto bene, i suoni sono puliti e tipici dell’heavy metal quali Iron Maiden e Judas Priest, in alcuni punti ricordano persino i Sabaton: i ritmi e le melodie sono tipiche del power metal; l’intro ha qualche traccia di folk. Nonostante la varietà delle canzoni, hanno quasi tutte in comune il ritornello a due voci, quella principale pulita e la secondaria semi-baritonale; le chitarre si alternano negli assoli, il basso praticamente inudibile in alcune canzoni, la batteria colonna portante della band. 44 minuti senza un momento di pausa, con nove canzoni che durano dai 4 ai 7 minuti, e scorre lineare senza intoppi, quasi senza intoppi anche se sembra durare di più.
Tra le canzoni rilevanti:
- Wild Waves: seconda canzone. Con anche un intro come Cry of Freedom non poteva non finire in questa lista; il riff melodico, il basso che si sente, la batteria che pompa il ritmo, la voce azzeccata con il genere. Mettere in chiaro le cose a inizio album è sempre apprezzato, e qui i Silverbones hanno fatto centro
- Queen Anne’s Revenge: intro minimo, riff interessante, ritornello contagioso, assoli power molto orecchiabili. Sono 6 minuti, ma scorrono lentamente, quasi per fartela apprezzare meglio
- Raiders of the New World: sesto pezzo. Si accellera un poco il ritmo, ma non si cambia l’andazzo generale dell’album: lo scheletro della canzone è uguale a quello delle altre.
- Black Bart: ultima canzone. Conclusione sopra le righe di un album accettabile, 7 minuti che scorrono senza intoppi nè sforzature, la prima parte culla i timpani, perfetta se si ci vuole rilassare, la seconda un po’ meno. Il primo assolo semplice sembra preso da un altro genere musicale ma non stona rendendola una delle migliori canzoni, grazie anche a un paio di cambi di ritmo e la composizione un poco più complessa.
E’ sempre bello recensire un gruppo italiano di qualità come i Silverbones, perché dimostra che anche nel Bel Paese non mancano gli artisti che possano competere con i concorrenti di fama internazionale. Il primo album spesso non è il migliore in assoluto, in questo caso per la troppa omogeneità tra le canzoni. Ma le carte per dare un prodotto spettacolare sono in regola, per cui non rimane che aspettare il prossimo album.