I tedeschi Schattenfall ritornano dopo solo due anni dall’ultimo album con “Melancholie des Seins”, ottima rappresentazione di un Atmospheric Black Metal dal leggero sapore epic.
Se già “Schatten In Schwarz” era stato un più che piacevole ascolto, con quest’ultima fatica i Schattenfall dimostrano di essere cresciuti e migliorati, offrendo un lavoro niente male che merita sicuramente l’attenzione degli amanti del genere e non. Certo, ancora la perfezione non c’è ma i Nostri sono sulla buona strada.
Si comincia con la title-track, che ci accoglie con un black metal dal ritmo lento. Interessante, come nell’album precedente, la scelta dei Nostri di esprimersi in lingua tedesca: il connubio fra voce in growl e le graffianti sonorità della lingua conferiscono un sound davvero aggressivo. Alle chitarre il ruolo di lamentarsi con note acute in un breve intermezzo iniziale dai sentori quasi epic; la canzone s’interrompe dando spazio a una sola chitarra e qualche nota di basso, prima di riprendere forza e dare spazio a un assolo. Qualcosa dei Bathory sembra riecheggiare nel piccolo coro di voci maschili al centro del brano, poi un’altra interruzione in cui lo spazio è riservato esclusivamente al basso e alla chitarra. La canzone continua fino alla sua conclusione con lentezza, lasciando trasparire una certa malinconia.
“Erst gar nicht geboren” segue le orme della prima, rievocando però qualcosa di molto familiare agli amanti dei Mgła, assumendo toni più disperati. Anche qui è presente il coro maschile, richiamando l’immortale band svedese già nominata poco fa. Un’interruzione dai caratteri più inquietanti permette alla canzone di riprendersi, mentre un gufo fa il suo verso pieno di presagi in sottofondo. Esplode quindi in un incendio nero di tutto rispetto, stravolgendo completamente l’atmosfera sinora creata, poi il ritmo s’acquieta di nuovo. Una chitarra acustica accompagna in lontananza l’elettrica eseguendo le stesse note, poi si aggiunge di nuovo il coro. Si viene a creare un’atmosfera dai toni epic assolutamente meravigliosi. Il risultato è quindi uno dei brani più belli dell’intero album.
“Einsamkeit I” (Solitudine I) è la prima di due intermezzi acustici: chitarra acustica ed elettrica si uniscono di nuovo, assieme al basso, nell’intro. Lo svolgimento vede l’imprevedibile uso di una batteria elettronica, insieme a dei tappeti di tastiere che vanno a creare un sentimento malinconico e triste. In sottofondo, una chitarra elettrica minacciosa.
La mia preferita delle canzoni proposte in “Melancholie des Seins” è “Blätterfall”: si comincia con una chitarra melodica ma aggressiva, il black metal che ne segue è di nuovo lento con una chitarra lamentosa che si esibisce in un breve assolo. Il coro qui comprende anche basse voci femminili che però si librano in note più alte e discordanti con l’atmosfera generale; questo è un tocco meraviglioso che impreziosisce decisamente il brano. La canzone si fa più aggressiva nella sua parte centrale ma il coro regala ancora una delicatezza oscura; nel finale è la sola chitarra a parlare con note frettolose. Un ascolto veramente da togliere il fiato, semplice eppure al limite della perfezione.
In “Misantrop” la prima a presentarsi è la chitarra acustica; il brano prosegue lento mentre una malinconica voce in pulito recita la sua parte. La chitarra elettrica invece si diletta in un struggente e triste assolo, quasi sembra piangere, andando a disturbare i primi Forgotten Tomb. Ma ben presto si trasforma, grazie al ritorno di voce e musica più aggressivi. Voce in growl e voce pulita si alternano, prima di un altro bell’assolo più vivo ma non meno afflitto. Lo stesso riff viene quindi ripetuto fino alla fine.
Nonostante il titolo, “Einsamkeit II” non è il proseguimento della prima: ci accoglie di nuovo una chitarra acustica, ma una voce maschile sembra parlare proprio della solitudine con tono arrabbiato e nervoso. Ad accompagnarla, la batteria e qualche nota di chitarra elettrica e basso; l’interruzione improvvisa dà spazio a chitarre lamentose e a una voce quasi apatica che si aggiunge a quella in growl. Il brano prosegue in questa maniera, esprimendo tutto il dolore e la disperazione della solitudine.
“Tausend Wüsten stumm und kalt” inizia di nuovo con la chitarra acustica, con lei la chitarra elettrica e il basso, trasformandosi in una composizione molto più leggera di quanto ascoltato finora, ma senza perdere la caratteristica aggressiva onnipresente. Probabilmente la canzone più anonima dell’album, dato che nei suoi sette minuti non porta nulla di nuovo o interessante nonostante un breve assolo discreto e l’aggiunta di una profonda voce in pulito che va a sottolineare alcune frasi del testo. Nel finale qualche nota di tastiera rimarca la malinconia generale, ma almeno un momento di black metal puro risolleva una canzone altrimenti da bocciare completamente.
“Ein Riss durch alle Leben” comincia subito aggressiva e triste, in sottofondo un tappeto di tastiera ad approfondire e creare ulteriore atmosfera. Purtroppo anche questa canzone scade nell’anonimato grazie a soluzioni già sentite in precedenza, anche se un’altra bella parte black riattiva l’attenzione. Il basso ha anche un momento tutto per sé prima che la canzone ripercorra i sentieri che aveva già tracciato, offrendo davvero nulla di nuovo e passando per mero riempitivo.
“Einsamkeit III” conclude l’album ed è speculare alla prima: anche qui la chitarra acustica è la protagonista, andando a rappresentare appieno il lato atmospheric dello spettro. A lei si aggiungono dei tappeti di tastiere, la chitarra minacciosa in sottofondo e la batteria elettronica. Il risultato ottenuto è un viaggio nella malinconia e nella tristezza, che chiude il cerchio del filo conduttore dell’album.
Nonostante le varie imperfezioni, le ripetizioni forse troppo abbondanti, “Melanchonie des Seins” offre anche brani imperdibili, dimostrando perfettamente come la band sia cresciuta in questo intervallo di tempo ma allo stesso tempo quanto ci sia ancora da fare. È certamente una band ancora giovane, che ha tutto il tempo di evolversi ancora in chissà quante forme, ma la strada presa è decisamente quella giusta.