Ritornano gli svedesi Sarcator con un nuovo album, self-titled, dopo la compilation “Visions of Purgatory“, rilasciata lo scorso gennaio. Si tratta di un gruppo di Trollhättan nato nel 2018, dopo due anni di pausa dai Metal Militia, e lo scorso anno hanno pubblicato due EP, “Screams from Below” a marzo e “Sepulchras Noise” a giugno, ma si tratta di opere brevi, lunghe al massimo dieci minuti. Il genere proposto è un thrash metal nudo e crudo con solo una spunta di black: parte strumentale frenetica e pestata, specialmente la batteria, e una voce bassa a metà strada tra l’harsh e il growl, non particolarmente indimenticabile ma che calza a pennello con il resto. Come influenze si percepiscono gli Harlott, vagamente i LIK, con canzoni veloci e incisive che vanno dai 3 minuti scarsi ai 6 scarsi per una durata complessiva di 49 minuti circa che scorrono lisci come l’olio.
Tra le canzoni rilevanti:
- “Deicidal“: terzo pezzo dell’album. Intro interessante prima della sprangata del primo riff, la prima di una serie di cambiamenti un po’ meno pesanti. Si tratta di un pezzo preso dalla compilation di quest’anno, ma raffinato e rifinito: 5 minuti ben articolati in cui vengono incastrati pezzi pseudo melodici e pezzi pestati.
- “The Hour of Torment“: quinta canzone. Uno dei pezzi più apprezzati su Spotify, e il motivo è presto detto: riff concitati ma melodici, voce feroce e gutturale, una batteria notevole che combinati insieme creano una miscela esplosiva in un pezzo ben studiato, con tanto di pause e assolo breve ma incisivo.
- “Cryptic Pain“: undicesima canzone dell’album. Un outro piuttosto movimentato, come quello presente anche nelle opere precedenti. Infatti dura meno di tre minuti, ma c’è tutto quello che serve per farsi un’idea dell stile di questo gruppo. Inconfondibile soprattutto per le battute finali concitate e pestate.
Rispetto alla compilation e agli EP precedenti non ci sono stati cambiamenti stilistici o di sostanza, ma la qualità delle registrazioni e del mixaggio è aumentata in maniera significativa, e il paragone è abbastanza facile da fare perché parte delle canzoni presenti nell’album sono riprese dalle opere precedenti. Nel complesso un’opera gestibile e godibile, grezza e pestata quanto basta, un po’ omogenea ma che non ha da invidiare niente a gruppi più famosi.