I Sapata sono una band finlandese nata nel 2014 e che finalmente esordisce con “Satanibator“. L’album si rifà molto ai gruppi rock anni ’80, soprattutto si percepisce l’influenza in senso doom di alcune canzoni dei Black Sabbath (“The End of the Beginning” per esempio). “Satanibator” è un album di tutto rispetto che non si dilunga come di solito fanno gli album doom: 8 canzoni di durata variabile dai 4 minuti e mezzo ai 7 abbondanti per una durata complessiva di 45.41 minuti. La batteria risulta fondamentale per le ritmiche altalenanti, il basso è minimalista, le chitarre sono distorte in stile rock anni ’70-80 e si lasciano andare a qualche assolo gradevole. La voce femminile, atipica per il genere, è valida salvo qualche tentativo di scream piuttosto fastidioso. I suoni sono puliti e lievemente cupi, le ritmiche rasentano più i Deep Purple che non gli Agalloch salvo che in alcuni punti, e il mixaggio è ben fatto.
Tra le canzoni rilevanti:
- “I the Messanger“: se si vuole riassumere il gruppo in una canzone, questa è una possibilità; in 4 minuti e mezzo si può trovare tutto quello che contraddistingue i Sapata: ritmiche variegate e assoli di chitarra lunghi, in questo caso particolarmente validi.
- “Ararat“: inizio che rasenta il blues tra la voce suadente, la chitarra ritmica in simil acustico e un ritmo che viene ripreso anche nei riff successivi, mentre nei ritornelli si appesantisce con i restanti strumenti, rimanendo comunque agile. Valida anche la parte in tapping e gli assoli.
- “Full Power“: come si può intuire dal titolo, è un pezzo molto energico in cui si ha difficoltà a trovare la componente doom. Qui i Sapata si tuffano allegramente nella musica di 4 decenni fa con un groove degno del thrash metal. La “pecca” che alcuni potrebbero contestare è l’assolo, lungo ben 1.20 minuti.
In conclusione: fatta eccezione per la voce femminile, siamo di fronte a una versione scandinava del rock che andava di moda trent’anni fa, nella quale si crea una miscela interessante di hard rock e doom metal. Probabilmente nei prossimi album i Sapata si sposteranno verso un genere o l’altro, ma nel complesso come esordio non è affatto male.