L’inarrestabile macchina da guerra degli svedesi SABATON è tornata in azione col nuovo “THE GREAT WAR”, il cui concept si basa interamente sulla prima guerra mondiale (la grande guerra, per l’appunto). Dopo il quadruplo disco di platino per “Carolus Rex”, e due successivi lavori forse non esattamente all’altezza di questo capolavoro, eravamo tutti decisamente ansiosi di scoprire cosa ci avrebbe riservato la nuova uscita. Uscita che coincide con l’anniversario dei vent’anni di carriera della band, cosa che ha sicuramente posto l’asticella delle aspettative per “THE GREAT WAR” molto in alto. Vediamo quindi se i nostri cinque carri armati hanno centrato il bersaglio!
Apre l’album “The Future Of Warfare” che, così come le innovazioni belliche di inizio ’900 hanno aperto una nuova era di sanguinosi e disastrosi conflitti, apre questo nuovo album con una bella dose di potenza in puro stile SABATON. Non da meno sono le seguenti “Seven Pillars Of Wisdom”, canzone ispirata a Lawrence d’Arabia, ed “82nd All The Way”, riguardante invece il sergente Alvin York dell’unità 82nd ID, i cosiddetti “All Americans”. Scorrendo queste tre canzoni notiamo come l’energia della musica formi in crescendo costante, ma ecco che arriviamo ad un brano decisamente peculiare. Parliamo di “Attack of the Dead Men” che riflette l’atmosfera macabra della vicenda che ci vuole raccontare trasponendola perfettamente in musica. Soldati russi devastati dal gas degli attacchi tedeschi e consci di essere praticamente condannati a morte, tentano un’ultima sortita attaccando ricoperti di sangue e vomito, con un aspetto talmente rivoltante da mettere in fuga il nemico. Qui non troviamo i classici ritornelli super-pompati a cui siamo abituati con i SABATON, ma manteniamo le atmosfere cupe delle strofe con Joakim Brodén che tiene ugualmente la voce bassa e perfettamente in sintonia col tutt’uno del brano.
E dov’è finito tutto questo Sabaton-power? Beh, sicuramente una bella dose lo troviamo in “Devil Dogs”, che un po’ mi ricorda le sonorità di alcuni brani di “Heroes” e che mi piacerebbe decisamente veder suonata live. La seguente “The Red Baron” l’abbiamo conosciuta grazie al lyric video pubblicato a Giugno e nonostante mi abbia lasciata un pochino perplessa al primo ascolto, devo dire che mi è piaciuta.
Arriviamo ora alla title track “Great War” che a mio parere è senza dubbio alcuno la miglior canzone dell’album e si piazza per direttissima tra le mie canzoni preferite in assoluto. Sin dall’intro si presenta come una canzone di fortissimo impatto, con orchestrazioni imponenti che accompagnano il ritornello per poi arrivare ad un exploit in quello conclusivo che se la gioca ad armi pari con l’epicità del finale di “Carolus Rex”. Anche per questa canzone è stato pubblicato un video girato live col supporto di un imponente coro in abiti d’epoca.
“A Ghost In The Trenches” è una canzone che sembra leggermente discostarsi dal classico stile della band: ha quel “non so che” di diverso che non riesco a focalizzare nella melodia, ma che la rende una canzone decisamente apprezzabile.
Anche “Fields of Verdun” l’abbiamo conosciuta tramite il video pubblicato a maggio e devo ammettere questo è forse l’unica cose che ho apprezzato riguardo a questo pezzo, trovandolo molto fiacco. Davvero, non riesco a farmelo piacere.
Meritatissima medaglia d’argento per “The End Of The War To End All Wars” in cui ritroviamo le orchestrazioni ed i cori a farla da padrone creando un’atmosfera quasi alla Pirati dei Caraibi di Hans Zimmer (non me ne vogliate per questo paragone, ma mi sembrava abbastanza esplicativo tirare in causa questo fantastico compositore).
Chiude l’album un coro con “In Flanders Fields”, composta dal Tenente Colonnello John McCrae. La leggerezza delle delle voci femminili contrasta ed allo stesso tempo si sposa perfettamente con la tristezza di fondo di questo componimento.
Bersaglio centrato quindi? Assolutamente si! Ed ora non ci resta che attendere i SABATON il 28 Gennaio 2020 all’Alcatraz di Milano, insieme ad Amaranthe ed Apocalyptica.