Io amavo gli Infected Rain!
La prima regola del buon recensore è quella di essere imparziale, super-partes, oggettivo e bla bla bla. Quindi evidentemente non sono un buon recensore… La realtà è che ciascuno di noi, sia te che mi stai leggendo, sia io che sto scrivendo, abbiamo determinati gusti personali. E ci tengo particolarmente che tu sappia come ho approcciato questo nuovo lavoro della band moldava: come un fan con una paura fottuta!
“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità” disse un (più o meno) vecchio saggio di hollywoodiana memoria. Gli Infected Rain, con il precedente album “86” hanno dimostrato di avere il potere di produrre metal di altissima qualità. Ma quando una band ottiene riscontri positivi un po’ ovunque, c’è sempre molta pressione sul successivo lavoro: le aspettative diventano altissime, da parte di tutti. In primis dell’etichetta, la Napalm Records, che dopo il successo del precedente lavoro ha deciso di assicurarsi le prestazione musicali dei Nostri, mettendoli sotto contratto, dopo 10 anni di carriera musicale indipendente. Ma anche e sopratutto dei fan, “86” mi era piaciuto davvero tanto e proprio per questo mi sono approcciato ad “Endorphine”, il nuovo lavoro, con tantissima paura di rimanere deluso. E proprio su questo verterà questa recensione: sulle emozioni che ha (o non ha) saputo trasmettere.
Ma prima facciamo un passo indietro per un doveroso e veloce recap: gli Infected Rain nascono in Moldavia nel 2008; questo “Endorphine”, in uscita il 18 Ottobre 2019 per Napalm Records è il loro quarto album in studio. Possiamo definirli come una band modern metal con alternanza di cantato scream e pulito. Ma catalogarli in un genere specifico è difficile e, a mio avviso, anche inopportuno. Perché la Musica, quella con la M maiuscola, non è solo un ritornello orecchiabile o un riff di chitarra esaltante: la Musica è Emozione. La vera domanda non dovrebbe essere “che genere fanno”, bensì “sanno emozionare?” E SPOILER ALERT la risposta è si. Anche con questo nuovo lavoro.
L’album si apre con “The Earth Mantra”, una canzone che personalmente mi ha colpito molto: parte energica e ritmata con il cantato in scream per poi alternarsi con parti più melodiche ed altre solo voce e piano con in sottofondo la batteria a ricordare un cuore che batte. È potente nel messaggio che manda: l’uomo sta rovinando la terra e probabilmente ha già avviato l’irrimediabile processo di distruzione. Si tratta di una tematica ampiamente discussa in questo periodo, ma gli Infected Rain lo fanno in un modo insolito: con rabbia e consapevolezza. Rabbia perché abbiamo rovinato la nostra casa, una casa stupenda; consapevolezza perché ci meritiamo tutto quello che sta accadendo e che accadrà. Siamo come un cancro per Madre Natura, siamo noi i parassiti che stanno rovinando tutto. Se fosse un film, l’essere umano sarebbe il cattivo da sconfiggere.
“It’s our fault you started rotting
Your rage is what we deserve to drown in
By harming you we are destroying our home
By selfishness and pride our brain is thorned!
…
Poisoning our own food and air
By gluttony and greed our soul is devoured
…
We are parasites!
Living in a gloom!
Like cancer we spread, it’s lethal.
We are parasites!
We forgot how to love, our existence is doomed!”
“Black Gold” è un pezzo potente, stupendo, probabilmente uno dei pezzi migliori che abbiano mai composto.
“Unhappy and crippled but covered in gold,
We are wear precious rocks but our hearts are cold.
While alien expressions garnish our fake faces
A polyphony of disorders loosen our laces.”
“Symphony Of Trust“ e “Pendulum” sono due brani in pieno stile Infected Rain: ritmate energiche e orecchiabili. “Passerby”, invece, è stato uno dei primi singoli a lanciare questo “Endorphine” ma con un testo molto personale e profondo.
The face you see when you look at me, it’s not Me!
It’s just skin and muscles, not the real Me!
Not the Me you hear when I sing to you
Not the Me you feel when I touch you.
Not me!
“Lure“ è un pezzo assolutamente folle, delirante e disturbante: 2 minuti e mezzo di pazzia, come si fa a non amarla!
“Because I slay when I play,
Listen and follow me
I’ve got a demon in me
I am the prodigy!”
Passando a “Victims”, trattiamo una canzone di denuncia verso una società malata; mentre “Walking Dead” è un invito a lottare e a non essere “morti che camminano”, mi ha ricordato “Stop Waiting” (sarà per lo “stop” sussurrato?) anche come testo.
Gli ultimi due brani sono tra le vette più alte di questo “Endorphine”. “Taphephobia”, letteralmente la paura di essere sepolto vivo, è un pezzo stupendo per quanto sentito e intriso di malessere. Consiste ovviamente in una metafora di uno stato mentale, che definirei depressione, in cui ci si rende conto di essere vuoti, di non provare più nulla, di non appartenere più a questa vita. C’è la rabbia: la rabbia di non riuscire a lottare, a venirne fuori, ogni tentativo è inutile. Una testo che definirei una poesia, un gioiello.
Numb to the world, I can’t feel pain or pleasure
“I’m worthless on my knees embracing my failure
With my fingertips I can feel the end of the rope
It’s soaked in frustration and leak of hope.
My limbs are broken, my fever is high
My stolen dreams are melting in the night
All that is left in this disordered mind
Is rage, rage for the dying light!”
A chiudere l’album c’è “Storm”. Un brano totalmente diverso dagli standard degli Infected Rain. Lento, struggente, con una vocalità stupenda.
“Walking into the night,
Waiting for the storm to pass.
It’s hard to move, come find me!
It’s hard to breathe, please save me!”
Se mi avete letto fino a questo punto, saprete già cosa sto per scrivere: questo album è un capolavoro. Non solo musicalmente, anche come tematiche trattate. Non si può dire sia un album allegro, ma, ahimè, la vita non è sempre allegra e il modo migliore per affrontarla è la consapevolezza che ci saranno momenti bui e tenebre contro cui lottare.
Vova al basso, Sergey e Vidick alle chitarre e Eugene alla batteria hanno fatto un lavoro egregio ma una menzione particolare la merita Lena, la cantante. Si destreggia con autorità tra gli scream ed il pulito e i pezzi più che cantarli, li interpreta! Si percepisce che ogni testo è scritto di suo pugno e sa esprimere a seconda delle esigenze dolore, rabbia, speranza.
Gli Infected Rain sono riusciti nell’arduo compito di fare un ulteriore step in avanti: il suono, la qualità della produzione, la voce di Lena, è tutto di un livello superiore a ciò che hanno fatto finora e si posizionano con prepotenza tra le migliori band del genere.
La paura di rimanere deluso è svanita già al primo pezzo, e ora posso dirlo:
Io amo gli Infected Rain!