Le prime parole che abbiamo sentito pronunciare sui POSTVORTA sono state le solite lamentele circa lo scarso riconoscimento in patria dei gruppi nostrani. Come è d’uopo fare in situazioni del genere, siamo andati immediatamente a informarci circa la band post-metal ravennate attiva dal 2009. L’album “Beckoning Light We Will Set Ourselves on Fire” (2014) e l’EP “Ægeria” (2015) ci sono sembrati, invece, riscuotere un buon successo di pubblico e di critica, tra illustri paragoni (Isis, Cult of Luna, Neurosis, Buried Inside) e pacche sulle spalle della serie ‘ma-allora-noi-italiani-non-facciamo-così-schifo’. No, non facciamo schifo affatto, per lo meno musicalmente. Non c’è (più) bisogno di ribadirlo. E chi ha bisogno di continuare ad affermarlo, con buona probabilità, possiede minor cultura musicale di quanto non sia disposto ad ammettere. Qualche anno fa, anche i vostri umilissimi hanno rischiato di inciampare in una simile sfiducia: cogliamo l’occasione per cospargerci il capo di cenere e in questa sede siamo lieti di rinnovare la nostra forte e sincera professione d’amore per la scena artistica della Saturnia tellus.
Restiamo ora in ambito di mitologia latina, dal momento che i Nostri non fanno mistero di trarne parecchi spunti proprio a partire dal loro nome e da quelli scelti per gli EP. Il nuovo lavoro della band s’intitola “Carmentis“ e costituisce il tassello mediano di un’interessante trilogia, iniziata con “Ægeria“, incentrata sui temi di gestazione, nascita e primi giorni di vita. I Postvorta scandagliano le profondità di tali aspetti con un’attitudine personale e un buon gusto invidiabile.
Quasi con un processo maieutico, “Carmentis“ è incorniciato da un intro e un outro, che racchiudono tre brani lunghi e intensi come le atmosfere che evocano. La venuta al mondo si trasforma in una catastrofe che stravolge le fondamenta dell’essenza umana. Il “Colostro” diventa così un fiele venefico, nella “Cervix” si consuma il rituale di una biologica disperazione che si disintegra nella disumanizzazione di “Patau“, condanna senza appello all’assoluta atrocità. Il mistero della creazione viene palesato, ma non risolto: all’ascoltatore resta il compito di sopravvivere all’angoscia e di saper trarne l’ineluttabile insegnamento.
È curioso come il primo capitolo della saga sia uscito in autunno, mentre “Carmentis“ sia stato partorito in piena primavera. Ci attenderemmo (e lo facciamo, con grandi aspettative) la chiusura della rivelazione mistica iniziata con “Ægeria“ in una nuova stagione del tempo e dell’anima.