Considerato il fatto che l’Oxygen Destroyer altro non è che un’arma utilizzata per sconfiggere Godzilla, le premesse di partenza ci sono tutte. Primo full-length ufficiale per gli americanissimi Oxygen Destroyer, che con questo “Bestial Manifestations of Malevolence And Death” mettono subito in chiaro le cose.
La prima cosa che balza all’occhio è l’artwork: probabilmente assimilabile a una qualsiasi copertina di un qualsiasi nuovo album dei Darkthrone (ho scritto nuovo album apposta, quelli sacri – e vecchi – sono esclusi dalla artwork-analisi), bianco-nero-verde schietto e una sottospecie di drago che avvinghia tra le proprie fauci una gigantesca casa. Una mina.
Un’anima death metal dal retrogusto thrashy-gore è quello che ci vuole, però, per tuffarsi a bomba nel fittissimo sottobosco del brutal death moderno. Superate le premesse e l’artwork, bisogna soffermarsi sul succo della questione: cosa ci aspettiamo da un esordio del genere? Due sono gli scenari possibili. Potremmo aspettarci un disco divertente, senza eccessive pretese e snello. Oppure potremmo aspettarci qualcosina di più. Tenuto conto del fatto che gli Oxygen Destroyer hanno all’attivo una serie importante di demo/split/cazzatine, sinceramente io mi sarei aspettato un lavoretto niente male. Purtroppo per me questo “Bestial Manifestations…” rientra nella prima categoria di scenari pensabili.
Un album che scorre veloce, che riff dopo riff ripropone divertenti plot già sentiti e risentiti – cito solo i Cannibal Corpse per riuscire a far mettere a fuoco l’obiettivo al potenziale ascoltatore – senza mai dare il vero slancio al disco intero. La cosa che mi fa davvero incazzare, come Maurizio Merli di fronte al peggiore Tomas Milian, è che la produzione e il master sono una vera figata. I suoni sono rancidi e grezzi alla Toxic Holocaust, e l’acido frullato sarebbe anche buono… se solo ci fosse qualche ideuzza in più.
Un album spensierato e divertente – per quanto possa essere spensierato e divertente un album death/thrash/gore, amici – che poco mi ha lasciato, in fin dei conti. Peccato.