Misteriosa l’identità del musicista che si cela dietro la one-man band Ôros Kaù, così come è misteriosa anche la proposta musicale, dalle atmosfere cupe e contorte, in cui regna perennemente la malvagità. Questo progetto belga arriva al debutto con “Imperii Templum Aries”, un disco che unisce il black metal più occulto a quello più violento e serrato, rimandando ad Altarage e simili per questo fattore. Otto brani che si susseguono rapidamente, mostrando ancora qualche incertezza, ma incuriosendo sul progetto e su quella che sarà la sua evoluzione.
L’incipit è diretto e fin da subito esplicativo di quelle che saranno le caratteristiche di questa fatica. Il muro del suono eretto è imponente e le decisioni del mastermind trasudano malvagità sotto ogni punto di vista, con la parte strumentale che non accenna ad abbandonare dei ritmi veloci e spietati, mentre la voce arricchisce il brano, donando varietà visto l’alternarsi tra scream e growl che racchiude ulteriormente in questo scenario in cui regna l’arcano. C’è anche spazio per dei pezzi in cui sale in cui sale in cattedra l’aggiunta di alcune influenze death metal, anch’esse spietate e senza compromessi, e la seguente “Shax” ne è l’esempio.
Per tutto l’ascolto regna un’atmosfera che estranea completamente, ci trasporta in un universo distorto e misterioso. Ciò che differenzia questo lavoro da altri nello stile dei già citati Altarage, è il legame degli elementi atmosferici con quelli più ruvidi. Qualche volta questo lato della proposta prevarrà (il settore centrale di “Belial” ne è un esempio), ma anche con poco spazio designato, la resa è degna di nota.
Ci sono, purtroppo, passaggi meno convincenti, come “AešmaDaeva”, pezzo abbastanza anonimo in cui ritornano le influenze death metal, ma non riescono a lasciare il segno. Tuttavia si tratta di un passo falso che non incide particolarmente sulla qualità del lavoro in generale, si limita a ribadire come ci sia ancora della strada da fare, ma il potenziale rimane tangibile. Non a caso, nei pezzi finali salgono in cattedra diversi elementi esclusivi, che differenziano i brani e ci mostrano quello che si potrebbe considerare il leitmotiv del disco, ovvero un black metal rivisto in maniera totalmente personale. Personalità che porta da pezzi più spietati ad altri in cui risaltano atmosfere vagamente psichedeliche.
Quale migliore conclusione, se non un pezzo che mette ulteriormente in primo piano l’atmosfera arcana, avvicinandosi anche a delle sonorità avantgarde? Qui la mente dietro questo progetto ci sorprende, riproponendo in ottica Ôros Kaù “Set The Controls For The Heart Of The Sun”, brano originariamente scritto dai Pink Floyd. Una cover curiosa e molto valida.
“Imperii Templum Aries” è una piccola perla dell’underground belga, che fa al caso di chi è alla ricerca di un lavoro allo stesso tempo brutale ed enigmatico. I piccoli accorgimenti che renderebbero la proposta più matura non devono far presagire a un disco di debutto dal livello basso, anzi, questa produzione ci presenta una realtà che ha tutte le potenzialità per diventare di culto per determinati ascoltatori.