Si sa, il thrash metal è un genere nato principalmente in due nazioni: da una parte la Germania, dall’altra gli Stati Uniti. Se però vogliamo tracciare una linea più definita, dobbiamo obbligatoriamente passare per lo stato dove è nato il movimento dell’heavy metal: l’Inghilterra. In questo paese il thrash, seppur in maniera minore rispetto ad altri generi, si è diffuso comunque grazie ad alcune band che negli anni ’80 sono riuscite ad emergere e a crearsi una buona fama a livello europeo e mondiale. Ed è proprio qui che spuntano gli Onslaught, da Bristol, che grazie a dischi celebri come “Power From Hell” e “The Force” hanno ottenuto un buon successo pur arrivando da un paese in cui il genere non era così tanto in voga. Sfortunatamente, l’enorme silenzio durato per tutti gli anni ’90 ha fatto perdere dai nostri radar la band, fino all’arrivo di ”Killing Peace” nel 2007.
Ed eccoci arrivati al 2020, dopo ben 7 anni dall’ultima pubblicazione degli Onslaught, alla voce troviamo un David Garnett cattivo e carico, al suo primo album con la band, e per il resto della formazione… che dire, pare che loro la pensione non sappiano nemmeno lontanamente che cosa sia! A partire da un’introduzione incalzante, cupa e rabbiosa dal nome “Rise to Power” abbiamo una sensazione oscura che pervade la mente, pare che si stiano aprendo delle porte ad un percorso molto potente, energico e distruttivo. Il tutto fa da preludio a “Strike Fast Strike Hard“, una bomba thrash metal che viene fatta esplodere nelle orecchie dell’ascoltatore in soli 4 minuti. Da notare la batteria, violenta, devastante e bestiale di James Perry, che ha una tecnica precisa e una virtuosa doppia cassa. A proposito di virtuoso e cattivo, bisogna sottolineare il lavoro sulle basi ritmiche e gli assoli del violento Dorman e del vecchio Rockett, che ottengono subito consenso in un pezzo più che efficace, per dar subito fuoco alle polveri!
“Bow Down to the Clown” e la title-track sono due canzoni che presentano una base leggermente meno intensa, ma con un suono travolgente e facile da memorizzare, caratteristica evidente del resto dell’album, e una composizione con ritornelli estremamente orecchiabili, ritmo duro, veloce e feroce.
Tutto molto bello, se non fosse per una semplice pecca. Questo è un album strutturato bene, ma poggia una sequenza di riff e di ritmiche un po’ troppo prevedibili, per chi come me che ha ascoltato tanto thrash metal può apparire quasi un trita e ritrita. Probabilmente questo disco lo ascolterò anche in un futuro prossimo, ma sicuramente non lo consiglierò a chi è in cerca di qualcosa di innovativo, anzi, mi rimetterò alla ricerca di lavori con questa caratteristica. Per chi invece di certi riff e di certe costruzioni ritmiche non ne ha mai abbastanza, gli Onslaught restano una delle band che i classici riff thrash li sa produrre ancora volentieri e molto bene per la millesima volta.
Importante ricordare che la band si esibì al Rock The Castle nel 2019, con una decisa e buona performance live. E concludo proprio dicendo che sono molto curioso di vedere di nuovo i ragazzacci in una performance dal vivo, con l’aggiunta di qualche pezzo da questo “Generation Antichrist” sparato e pogato a tutto volume!