Dopo due anni di attesa, gli Omnium Gatherum sono tornati con il loro ottavo album in studio, “The Burning Cold“, in uscita il 31 agosto 2018 per Century Media Records.
La band, caratterizzata dal growl rauco e pesante di Jukka Pelkonen (dal 2006) e dalle bellissime parti melodiche realizzate dalla mente geniale del fondatore, nonché chitarrista, Markus Vanhala, non ha voluto per niente deludere le aspettative dei fan. In seguito a “Beyond” (2013) con “The Unknowing” e “Grey Heavens” (2016), che ci ha regalato perle come “Frontiers” e “Majesty and Silence“, temevo abbastanza questo nuovo full-length. E ad essere sincera, in effetti, al primo impatto è stato abbastanza deludente: mi sono poi serviti almeno tre ascolti seri per assaporarlo al meglio e cambiare totalmente opinione. Quindi, se all’inizio non convincerà particolarmente neanche voi, non temete. Dategli un’altra (o un paio) di possibilità, perché si tratta di un album complesso, ma probabilmente in lista per uno dei migliori dell’anno.
Quindi, lasciamo da parte i vecchi ricordi nostalgici dei lavori precedenti, e inoltriamoci in questo nuovo concept caratterizzato da tematiche sociali, come le tragedie umane, ma anche introspettive, per esempio la condizione emozionale dell’uomo.
“The Burning” è un’intro strumentale dalla durata di circa due minuti che riesce a racchiudere al meglio lo spirito e lo stile dei finlandesi, con riff pesanti e precisi che si evolvono in un immancabile assolo di chitarra che vorresti non finisse mai, preparandoci al meglio per quello che andremo ad ascoltare. Le note finali vengono sfumate, dando spazio ai primi due singoli “Gods Go First” e “Refining Fire“. La prima irrompe in modo aggressivo per raggiungere poi tonalità più power e melodiche con la tastiera, e alternare cambi di tempo tipicamente progressive. Inoltre, si può già scorgere abbastanza distintamente una delle novità di questo nuovo album: gli assoli di chitarra, infatti, sono stati divisi tra Vahnala e Joonas Koto. La seconda, invece, è un tipico brano in stile OM, con tempi e riff veloci alternati con altri più lenti, per sfociare in un coro pulito e un ultimo giro di accordi malinconici.
È poi il momento della perla dell’intero album. “Rest In Your Heart” è sicuramente il brano che più mi è rimasto impresso, nonostante la sua facile composizione. Ma forse è stata proprio questa l’arma vincente! La ripetitiva, e bellissima, melodia proposta in sottofondo preannuncia un crescendo vertiginoso di batteria e tastiera che esplode raggiungendo l’apice da pelle d’oca nel growl di Pelkonen, la chitarra di Vanhala e la tastiera di Aapo Koivisto.
Tasti di pianoforte e onde del mare vengono abbandonate per un taglio molto più speedy e heavy. Ma anche “Over The Battlefield” riesce a regalare cambi di tempo con un assolo di chitarra lento e un successivo tapping mirato, accompagnato da riff più aggressivi a concludere il brano.
“The Fearless Entity“, invece, non riesce a colpirmi sufficientemente a causa di una struttura abbastanza banale, ma è poi la volta di “Be The Sky” che risolleva il morale con i suoi riff più classici ed efficaci e un ritornello che ti riesce ad entrare in testa, per non parlare dell’assolo di chitarra con un bel giro di basso ad accompagnarlo, e un lento crescendo che fa esplodere il brano.
Blast beat di batteria danno inizio a “Driven By Conflit” che prosegue in toni decisi e veloci, senza riuscire a distinguersi in maniera particolare se non per l’assolo, forse tra i più interessanti dell’album dal punto di vista tecnico.
Ci avviciniamo alla fine con “The Frontline“, che si può un po’ definire “la ballata” dell’album, con le sue parti molto melodiche e meno aggressive, e “Planet Scale“, dalla struttura semplice ed efficace nella sua ripetitività, ma che si contraddistingue grazie a un’influenza classica con la tastiera.
È poi il momento dell’ultima “Cold” con il suo ritmo lento e glorioso, con tanto di cori in pulito e la ripresa della melodia dell’opening track che regala la conclusione perfetta all’ascoltatore.
“The Burning Cold” è sicuramente un album da ascoltare e riascoltare. Nonostante la sua leggera ripetitività nella struttura dei brani, riesce a sconvolgere ogni volta con i suoi assoli di chitarra, che fanno sicuramente la differenza, con la mano di Vanhala evidentemente marcata nella composizione della musica dei finlandesi. E di certo, non può che esserne la chiave del successo.
Inoltre, l’influenza progressive che si stava iniziando a sentire nei precedenti album, è diventata ora fondamentale nell’intero processo di trascrizione, pur riuscendo ad ottenere quel classico e contraddistinto equilibrio firmato Omnium Gatherum.