Dopo l’EP “Vestigium Mortis” e il live album “Vitam Mortis”, la one man band italiana Nott ritorna con “4”, titolo semplicissimo ad identificare il quarto album del mastermind Mortifero. Come da tradizione ci troviamo di fronte ad un album black metal nudo e crudo, con qualche dettaglio qua e là ad ingentilire l’aspetto di un ascolto infernale e dannato.
Più che di brani, in “4” ci troviamo di fronte a “capitoli”, ben otto, che si dipanano per quasi 40 minuti di ascolto; una scelta di semplicità che sembra voler far focalizzare l’attenzione completamente sulle canzoni proposte nell’album. ll primo impatto con “4” è un pochino strano: il suono risulta “plasticoso”, togliendo sicuramente un pochino di entusiasmo all’inizio. La sensazione per fortuna diventa man mano meno chiara durante l’ascolto dell’intero album. Essendo poi puro black metal, più che giudicarne l’ottima fattura, andiamo a vedere i dettagli di cui si tinge ogni capitolo del quarto album di Nott.
“Capitolo Primo” veleggia sulle sfumature dell’epic, con cori maestosi che ritorneranno anche in seguito, ma con una onnipresente vena diabolica: la parte centrale del brano infatti si distingue completamente, facendo ritornare in mente i grandi fasti di un tempo. La canzone s’interrompe all’improvviso, quasi sul più bello, lasciando una strana sensazione di inconcluso.
Parte immediatamente anche “Capitolo Secondo”, chiaramente norwegian black metal: un brano semplice e gelido, caratterizzato da un riff dissonante e interessante. Di nuovo, la sezione centrale cambia le carte in tavola, seppur per poco; ne segue una sezione molto inquietante che pian piano accompagna il brano verso la sua conclusione, dove invece riprende il riff iniziale.
“Capitolo Terzo” è lenta e spaventosa, incede con pesantezza e scivola leggermente nel black n’ roll. Il brano rimane pressoché lo stesso nonostante una piccola variazione a circa metà del brano; nel finale invece si libra in un assolo (accreditato a Jimmy Priest) assolutamente inquietante e semplice.
Riparte invece in quarta (scusatemi il gioco di parole) “Capitolo Quarto”, ritornando sulle sponde del norwegian black metal classico, altro brano molto semplice e di facile ascolto. Anche “Capitolo Quinto” non si discosta molto da questa definizione, interrompendosi d’un tratto nel finale e non aggiungendo nulla di nuovo.
Più lento ma assolutamente glaciale, “Capitolo Sesto” fa ritornare i cori maestosi e inquietanti del primo capitolo, aggiungendo ancora più inquietudine all’atmosfera. L’interruzione a metà brano concede della varietà inaspettata, procedendo quindi in una specie di mid-tempo grave e ansiogeno.
“Capitolo Settimo” comincia anch’essa in corsa, non rendendosi distinguibile dagli altri brani più veloci per qualche dettaglio particolare, se non di nuovo per una sezione più ritmata oltre la metà brano e il finale che ritorna sulle soglie dell’epic, insaporendo un brano altrimenti insipido.
La conclusione è affidata a “Capitolo Ottavo”, che comincia con una solitaria chitarra inquietante, prima di incedere in un mid-tempo pesantissimo e carico di tormento. Dopo l’interruzione, il brano esplode in tutta la sua forza, calmandosi più volte per permettere al coro pauroso di ritornare per l’ultima volta. Un altro rallentamento dopo la sezione centrale fa partire un ultima chiamata alle armi, fino all’improvvisa conclusione.
Sicuramente consigliatissimo ai devoti del genere, come sempre Nott non sbaglia nonostante un leggero ingentilimento della cattiveria generale. Per me personalmente l’album risulta meno ispirato del solito, i brani stentano a decollare e s’interrompono quasi sempre all’improvviso, lasciando un senso di incompiuto che lascia dell’amaro in bocca. Nonostante il rispetto di tutti i canoni e l’amore viscerale per il black metal più puro, sembra mancare qualcosina che avrebbe reso tutto sommato l’ascolto appena più interessante e accattivante. Un vero peccato.